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Milano – Napoli: periferie a confronto

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MILANO – Periferie a confronto. Quella per antonomasia, conosciuta praticamente in tutto il mondo di Scampia a Napoli (e sinonimo di degrado e criminalità organizzata) e quelle milanesi – vedi Quarto Oggiaro ma anche la Barona e tante altre… – come occasione d’incontro e di riflessione. Rispetto alle contraddizioni di questi mondi, dove spesso nell’immaginario collettivo impera solo il peggio, ma dietro al quale ci sono anche storie ed esperienze di vita che meritano di essere raccontate.

E’ questo ha fatto Fabrizio Valletti, padre gesuita nel libro “Un gesuita a Scampia”. E’ stata questa l’occasione da cui è scaturito l’incontro organizzato ieri sera da Job Magazine presso la ‘Casa della Carità’ di Milano, un luogo simbolo di questa battaglia quotidiana nelle periferie, laggiù in fondo a Via Padova e sorta, ormai da anni, grazie all’impegno  indefesso di don Virginio Colmegna, un altro prete in prima linea. O come ama dire lui “che deve stare nel mondo di mezzo”.

Già, quel mondo di mezzo, dove “bisogna fare in modo di sporcarsi le mani” per fare in modo che nelle periferie non alberghi e prosperi unicamente la criminalità organizzata.

“Abbiamo colto volentieri questa occasione di confronto – ha detto in apertura Giuseppe Oliva sindacalista – perché è importante esserci qui. In questi luoghi spesso nati male urbanisticamente parlando e sviluppatasi peggio. Noi come sindacato cerchiamo di presidiare costantemente questi territori, pur sapendo che non è semplice offrire risposte concrete. A Milano, per esempio, ci sono oltre 20 mila persone in attesa di un alloggio popolare. Penso – ha concluso Oliva – che sia necessario un patto forte con la società civile. Noi come sindacato già da tempo collaboriamo con il privato sociale. Poi ovviamente ci deve essere il supporto delle istituzioni”. 

Don Walter Magnoni responsabile pastorale della Diocesi di Milano ha evocato quattro elementi simbolo che emergono nel libro di Padre Valletti. “Piedi, cuore, testa, mani”.  Mettendo in luce – il riferimento alla testa non poteva che andare  in questa direzione – soprattutto l’elemento culturale.

Il vero dramma, ma anche la partita tutta in salita da vincere per preti di periferia come anche don Virginio. A Scampia il 30% dei ragazzi non finisce le  scuole Medie e un altrettanto 30% abbandona gli studi, non avendo ancora terminato il primo biennio delle scuole superiori, per un 80% complessivo di giovani che non ha un’occupazione. 

Padre Valletti ha iniziato il suo racconto proprio dalla nascita di Scampia, i cui primi palazzi risalgono agli anni Settanta. Una spianata dove furono costruiti insediamenti abitativi, all’apparenza anche innovativi, come le famigerate Vele, ma completamente isolati dal resto del contesto urbano della città.

“Il brodo di cultura ideale per far crescere la criminalità organizzata. In un luogo dove ci sono chiese ma non aprono negozi, se non quelli di alimentari, mancano i collegamenti e dove a fronte di 55 mila residenti ufficiali, ce ne sono almeno 80 mila”.  Un contesto in cui i morti si contano con il pallottoliere: con centinaia di vittime tra faide dagli anni ’80 in poi e oltre 900 arresti. Ma in assenza di progetti politici seri – ha riferito il sacerdote – la partita resta quella culturale.

“Non siamo eroi a vivere in periferia – ha aggiunto don Colmegna – alcune dinamiche le viviamo anche qui a Milano. Pensiamo solo a quanto successo di recente in via Gola”.

Ma la periferia con le sue mille contraddizioni è portatrice anche di valori sani.

Come ha argomento don Colmegna: “Mi riferisco ad un associazionismo vivace e poi occorre che riallacciare il filo con le istituzioni. C’è un rapporto di fiducia che si è rotto. Non serve la bacchetta magica né una visione ideologica. A Milano abbiamo oltre 2.500 senza tetto. Qui alla ‘Casa della Carità’ abbiamo aperto le docce all’esterno e vediamo che arriva sempre più gente. Anche diverse donne. Il che è indice di una situazione preoccupante”.

La chiacchierata con Padre Valletti ha permesso di mettere in luce altre contraddizioni di una realtà dove l’elemento religioso, nella sua simbologia, è quanto mai vivo. “A Scampia ogni 300 metri c’è una statua, talvolta ce le hanno messe gli stessi boss. Questo è un problema ancora una volta culturale, perché il tema non è avere qualcuno a cui affidarsi (che a livello terreno spesso è proprio il boss…) ma capire  come attraverso la preghiera  si può essere artefici del proprio destino”.  Qui a Scampia qualcuno assieme a Padre Fabrizio ha capito che cambiare è possibile: le biblioteche, la musica, i corsi di formazione al lavoro. E poi ancora la nascita di una cooperativa sociale di tipo B con una scuola di artigianato e la nascita di un vero e proprio marchio ‘Scampia’ con laboratorio per la realizzazione di confetture.

Naturalmente, non manca lo sport con una scuola calcio con oltre 500 ragazzi – ma qui ci sarebbe da parlare a lungo delle speranze spesso tradite legate ad uno sport che a Napoli assomiglia ad una religione – ma soprattutto una palestra di Judo (quella del maestro Maddaloni) e una di boxe.  Dunque, tanti ponti gettati con la società. A Napoli come a Milano, allora, serve che anche le istituzioni facciano il loro, sempre. E non solo in campagna elettorale.

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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