Marco Ferdico e il cognato Pietro Andrea Simoncini hanno confessato l’omicidio dello storico capo ultra’ Vittorio Boiocchi, avvenuto a Milano il 29 ottobre 2022. Ha confessato due settimane fa il primo, precedendo cosi’ Pietro Andrea Simoncini, che ieri ha confermato davanti al pm Paolo Storari di essere uno dei due esecutori materiali del delitto Boiocchi ucciso con due colpi di pistola per la faida legata alla gestione della Curva Nord di San Siro.
Il delitto del capo ultra’ e’ avvenuto su commissione di Andrea Beretta, oggi collaboratore di giustizia e reo confesso dell’omicidio di Antonio Bellocco, pupillo della famiglia ‘ndranghetista ucciso a coltellate a Cernusco sul Naviglio lo scorso settembre. Il pm Paolo Storari ha chiesto venerdi’ otto anni di carcere per Marco Ferdico, nel direttivo della curva Nord arrestato il 30 settembre nell’ambito dell’operazione “Doppia Curva”.
Secondo le accuse Marco Ferdico avrebbe organizzato con il padre Gianfranco l’omicidio di Boiocchi, procurando le basi logistiche, i mezzi di trasporto per la sua esecuzione, i cellulari criptati e l’arma, dividendo il compenso per il delitto con gli altri componenti.
Lunedi’ Simoncini ha ammesso di aver guidato la moto da cui sono partiti i colpi indicando in Daniel D’Alessandro, anche lui arrestato ad aprile, l’uomo che ha premuto il grilletto.
OMICIDIO PRONTO DA ALMENO DUE SETTIMANE:
L’omicidio del capo ultras dell’Inter, Vittorio Boiocchi, era pronto almeno due settimane prima del 29 ottobre 2022. È quanto si apprende sulle confessioni rese al pm Paolo Storari dagli arrestati Marco Ferdico come organizzatore e Pietro Andrea Simoncini come uno dei due esecutori materiali.
Il commando infatti sarebbe dovuto intervenire per assassinare Boiocchi non il 29 ottobre 2022 ma già a metà dello stesso mese. Operazione saltata a causa di una perquisizione avvenuta il 14 ottobre 2022 a casa di Ferdico, 40 anni il prossimo settembre, all’epoca braccio destro del capo curva con Boiocchi, Andrea Beretta, nell’ambito di un’inchiesta su una rapina.
Perquisizione che ha messo in allerta gli indagati facendo slittare di almeno due settimane l’agguato. Circostanza che, nella prospettiva dei pm Paolo Storari, Stefano Ammendola e Alessandra Dolci, dimostra la premeditazione del delitto e quindi un’aggravante da ergastolo che impedirà nei prossimi mesi di svolgere processi con il rito abbreviato e che invece finiranno alla Corte d’assise di Milano.