MESERO – L’upset più clamoroso del recente turno elettorale amministrativo, forse non ancora colto appieno, è senza dubbio la vittoria del centrodestra e di Davide Garavaglia a Mesero, dopo quasi 30 anni di buongoverno del Pd e del centrosinistra, da Teresio Molla a Riccardo Molla e fino a Filippo Fusè, su cui tutti- sottoscritto compreso- scommettevano per una vittoria in scioltezza.
E invece, dalle retrovie, in maniera dirompente ed anche un po’ caciarona, è arrivato Davide Garavaglia, trentenne già da tempo impegnato nell’agone politico, ma che nessuno, davvero nessuno, pensava potesse scalfire la corazzata Fusè-Scarioni.
Noi in questo pezzo vogliamo raccontarvi la genesi della sua candidatura, sconosciuta a tutti o quasi, e risalente all’agosto del 2018.
E’ la sera del compleanno di Cristina Magni, eternamente bellissima ragazza di Magenta, amica da lunga data di Davide ed anche dello scrivente. La vedete ritratta sopra, in foto.
E’ una calda domenica sera, e verso le 22 il futuro sindaco e Provera se ne vanno a cercare del Gin o qualcosa d’altro, ora non ricordo. Città deserta, siamo sulla Bmw 2 posti del buon Davide.
‘Provera mi voglio candidare sindaco a Mesero, cosa ne pensi?’
‘Ma sei scemo? Vacci piano col Gin Tonic..’
‘Perché??ì
‘Contro Filippo Fusè, in un paese come Mesero, perderai 85 a 15. Forse 80 a 20, se ti va bene. Farai una figura di merda’
‘Beh, ma se non mi faccio avanti io, temo non si presenti nessuno contro di loro.. E tu cosa faresti?’
‘Beh, se mi parli di battaglie politiche io sono uno che sogna di morire in battaglia… Cazzo, scendi in campo e fottitene dei pronostici. Adesso però troviamo sta’ bottiglia, sono assetato..’
E fu così che Davide Garavaglia si imbarcò su un’avventura spericolata e temeraria, culminata nella clamorosa impresa, nell’inatteso ‘upset’ di lunedì 27 maggio, quando il testa a testa col fortissimo sindaco uscente ha visto prevalere il centrodestra.
Bisogna dare atto a Davide quello che gli ho detto al telefono lunedì sera: ha avuto la forza, l’istinto e la necessaria incoscienza di lanciarsi in un’avventura spericolata. Sono tutte doti eminentemente politiche.
E vanno tributate a chi ha avuto la sfrontatezza di farlo. Adesso, amichevolmente, ci permettiamo di dare due consigli (seppure non richiesti) al neo sindaco di Mesero: faccia tesoro del grande lavoro svolto dall’ormai ex assessore alla Cultura Federico Scarioni, sappiamo che Davide è un ragazzo intelligente e sa benissimo che l’esperienza culturale degli ultimi 5 anni sarà molto preziosa.
In secundis, ci piace fare un parallelismo ardito con l’esperienza dell’indimenticato Renato Nicolini, assessore alla Cultura designato dal Pci molte lune fa, inventore dell’Estate Romana. Dedichiamo al primo cittadino di Mesero il ricordo di quella stagione. Che forse, si parva licet componere magnis, si può riproporre. E’ una sfida, certo. Ma la politica è fatta di sfide..
Fab. Pro.
EFFIMERO, ovvero ciò che dura un giro del sole, dall’alba al tramonto. In senso più generale, il concetto che sta dietro alla parola indica qualcosa che ha una durata breve ed è quindi destinato alla caducità. Ebbene, questa è la prova che talvolta le parole sono scollegate dai fatti che rappresentano, perché l’effimero inventato dal vulcanico Renato Nicolini va avanti da quarant’anni esatti.
È qualcosa che nasce e muore in poche ore, trasformando la geografia dei luoghi, che prima diventano qualcosa di radicalmente altro rispetto a origini e destinazioni d’uso, e in rarefatti giri di orologio tornano quello che erano. Ma ciò che vi accade, l’hic et nunc, si radica nella memoria in maniera indelebile. Era la prima «giunta rossa» di Roma, quella guidata dal sindaco – e storico dell’arte: chi non si è formato sui suoi manuali nei licei da Torino a Palermo? – Giulio Carlo Argan e un architetto all’epoca trentacinquenne, che proprio nel ventre capitolino nacque e si formò, nel 1977, da assessore alla cultura, inventò una formula che ha cambiato la fruizione della cultura e degli spazi urbani d’estate.
TUTTO cominciò con un grande schermo per il cinema all’aperto fino a notte fonda alla Basilica di Massenzio: il successo fu subito travolgente. Poi vennero il teatro per strada, i reading di poesia in spiaggia a Castel Porziano, le mostre, le performance… E l’Estate romana fece presto scuola.
Nelle grandi città, certo, ma anche nei luoghi della provincia. L’Estate Romana, questa la celebre intuizione di Renato Nicolini, insegnò fino alla metà degli anni Ottanta che la cultura – alta, bassa, di nicchia o pop – non va in vacanza. E quando, più tardi, le città hanno cominciato a non essere più chiuse per ferie, perché la crisi economica e la seguente contrazione dei consumi le avevano giocoforza accorciate, l’idea che ci fosse qualcosa da fare o da vedere iniziò a radicarsi nella gente.
In più, ecco il valore aggiunto, tutto questo accadeva (e continua ad accadere) in spazi urbani e architettonici non nati per essere destinati agli spettacoli, alle mostre, al cinema, ai reading di poesia, dando così la possibilità ai cittadini di vivere un’esperienza spazio-temporale nuova, guardando con occhi differenti a piazze, basiliche, parchi, centro e periferia.