Marelli, i sindacati: seguire caso con attenzione

Da Melfi a Bari cassa integrazione

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I sindacati hanno “chiesto al Governo di seguire la situazione di Marelli con specifica attenzione al rapporto con il suo principale cliente italiano, vale a dire con Stellantis. Marelli è difatti il più importante produttore di componenti per auto presente in Italia con circa 6.000 dipendenti ed è stata investita appieno dalla crisi europea dell’automotive, crisi accentuata da una transizione mal gestita”.

Lo hanno scritto in una nota congiunta, Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Uglm e Aqcfr, sottolineando che “Marelli ha aperto difatti il Chapter 11, una procedura di ristrutturazione del debito di diritto statunitense. Ciò dovrebbe permettere il taglio del debito finanziario, con un cambio di proprietà e con continuità aziendale. I timori riguardano tuttavia possibili problemi coi fornitori capaci di incidere sulla normalità produttiva”.

Secondo i sindacati, però, “si pone un ulteriore e decisivo problema, quello dei rapporti con i clienti, in particolare con Stellantis. Alcuni stabilimenti, a iniziare da Melfi, Sulmona, Bari e Caivano, stanno facendo ampio ricorso alla cassa integrazione, anche a causa della dipendenza in tutto o in parte da Stellantis: sarà decisiva per il loro futuro la assegnazione di nuove forniture, o quanto meno la precisazione dei volumi delle forniture già pattuite”. Il Mimit si è detto pronto a esercitare tre forme di intervento: una forma di moral suasion per i rapporti negoziali fra Marelli e Stellantis, una possibile sollecitazione di possibili soggetti interessati alla acquisizione nell’ambito della procedura di Chapter 11, e la possibile apposizione della golden power in ragione della strategicità del settore.

“Nonostante le rassicurazioni di Marelli esprimiamo la nostra forte preoccupazione, determinati a contrastare con tutte le nostre forze eventuali chiusure e licenziamenti. Il Governo deve attivarsi per individuare e promuovere l’arrivo di un possibile solido soggetto industriale nazionale ed in mancanza di esso non escludere la possibilità dell’ingresso dello Stato nella compagine societaria”, sottolineano i sindacati

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