In sostanza, la quasi totalità dei dipendenti, se si tiene conto che nel piccolo paese bolognese sono interessate dalla cigo 280 persone delle 350 occupate mentre nel capoluogo saranno 630 su 800. Ad uscire indenni dalla decisione dei giapponesi di Calsonic Kansei, controllata dal fondo di private equity KKR&Co L.P., sono solo il reparto alluminio e del motore elettrico.
E se per lo stabilimento di Crevalcore, dove si produce componentistica per motori benzina e diesel, la cassa integrazione richiesta dai nuovi proprietari di Marelli può essere considerata “congiunturale”, le critiche della Fiom-Cgil sono rivolte soprattutto agli oltre 300 tra tecnici e ingegneri che a Bologna sono impegnati nei laboratori del settore ricerca e sviluppo.

“Non il primo né probabilmente l’ultimo – spiega al Fatto Michele Bulgarelli della FIOM – se si considera che a Crevalcore non sono stati rinnovati 35 contratti di somministrazione”. Se si considera il turnover non sostituito, secondo i metalmeccanici della Cgil, nei due stabilimenti si contano una sessantina di occupati in meno dall’inizio dell’anno. E i vertici continuano a sollecitare dimissioni volontarie incentivate.
“È grave che dal passaggio di proprietà non sia stato presentato alcun piano di investimenti o alcuna strategia di medio lungo termine, a partire da come la Marelli intenda affrontare il delicato momento di trasformazione del settore automotive, mentre invece i lavoratori ricevono solamente richieste di dimissioni incentivate e la cassa integrazione”, continua il segretario generale della Fiom Bologna. Stando ai dati diffusi, l’acquisizione di Magneti Marelli è costata 6.2 miliardi di euro.
Per l’unita produttiva di Corbetta, al momento, non c’è alcuna notizia di possibile cassa integrazione.