Da oltre un anno la chiesa di San Rocco è chiusa al culto cattolico, e quest’anno, per la prima volta da tempo, non verrà allestita (come abbiamo già scritto) nemmeno la tradizionale natività, quella che Jessica Oldani, con passione e cura, preparava ogni anno prima di trasferirla a Casterno. Una tradizione amata da tutti: oltre che suggestivo, il presepe era un luogo simbolico davanti al quale si passava sempre volentieri.
San Rocco e San Sebastiano vennero proclamati protettori contro la peste già nel secolo precedente alla fondazione della chiesa, mentre i primi documenti che attestano l’edificio risalgono al 1500. Questa chiesa ha però un tratto distintivo: a differenza di molte altre, costruite grazie al sostegno del nobile di turno, San Rocco fu voluta e finanziata dal popolo, dalla gente semplice.
È, da sempre, la chiesa del popolo. Qui si sono celebrati battesimi, matrimoni. Un luogo che ha rappresentato non solo un edificio religioso, ma un punto di riferimento civico, affettivo e identitario per l’intero quartiere. Oltre alla natività, è sparita anche la tradizionale pesca di San Rocco. Tradizioni che hanno segnato la vita del quartiere e che oggi sembrano svanire nell’indifferenza generale. Da un anno, infatti, nella chiesa non si celebrano più funzioni cattoliche. L’unica apertura è la domenica mattina, per la liturgia della comunità ortodossa, alla quale l’edificio fu concesso tramite un contratto di comodato d’uso circa undici anni fa. “All’epoca si disse che San Rocco sarebbe rimasta comunque a disposizione delle celebrazioni cattoliche. – ha commentato Francesco Bigogno – Oggi non è più così: la chiesa è cambiata, e tante persone faticano a riconoscerla. Chi la frequentava, come me, che partecipavo spesso alla messa prefestiva del sabato. ricorda bene com’era l’interno, il suo clima, le sue tradizioni. Oggi tutto questo non esiste più. Fa male constatare come, nel tempo delle tradizioni storiche che costituiscono il patrimonio civico della città, si lasci andare un luogo così importante. San Rocco era una chiesa storica, una presenza viva. Ora non lo è più: non è più un punto di riferimento religioso, né civile. Si è creato un danno agli abitanti del quartiere e, in modo più ampio, all’intera città”.
Bigogno è drastico e lo fa per amore verso quella chiesa: “A mio avviso è necessario rivedere il contratto di comodato d’uso e sedersi attorno a un tavolo. Formalmente la chiesa appartiene alla diocesi: se stessi parlando con uno speculatore privato, forse non ci sarebbe nulla da dire. Ma la Chiesa non può dimenticare che queste mura sono state costruite con le offerte dei fedeli, di persone povere che hanno fatto sacrifici per erigere un luogo di culto e di comunità. È un fatto che non può essere ignorato”. E si pone due domande: “È davvero possibile che una delle chiese più antiche della città sia quasi sempre chiusa? Vogliamo riportare San Rocco alla funzione per cui è nata: essere la chiesa del popolo?”.



















