Casa Giacobbe a Magenta ha ospitato giovedì sera un incontro di alto livello dedicato al rapporto tra neuroscienze e prevenzione della violenza di genere. L’evento, introdotto dall’assessore Mariarosa Cuciniello, ha offerto spunti di grande profondità grazie alla presenza di relatori esperti, impegnati da anni nello studio, nell’assistenza e nella tutela delle vittime. Ad aprire gli interventi è stata Giovanna Guiso, scrittrice, giornalista e autrice del libro “Nessuna può vincere da sola”. Guiso ha sottolineato come la violenza affondi le sue radici non solo in fattori culturali e sociali, ma anche nei meccanismi biologici e nelle esperienze che modellano il cervello fin dalla prima infanzia. «Non siamo solo prodotto della genetica – ha affermato – i fattori ambientali influiscono su di noi». L’autrice ha ricordato come un bambino abusato, privo di una figura adulta capace di aiutarlo a superare il trauma, possa sviluppare depressione, paura e successivamente comportamenti aggressivi verso i coetanei. Nell’adolescenza queste fragilità diventano insicurezze profonde, difficoltà di concentrazione e incapacità di impegnarsi.
Guiso ha poi evidenziato come, nella maggior parte dei casi, la violenza sia di matrice maschile e come la gelosia rappresenti spesso un detonatore: «Gli uomini diventano gelosi in modo patologico quando vengono messi di fronte all’infedeltà sessuale, mentre per le donne l’elemento scatenante è l’infedeltà emotiva, il timore che il partner si innamori di un’altra persona». Da qui l’importanza di conoscere la storia biologica della vittima e di intervenire precocemente sul cervello traumatizzato, con gli strumenti che oggi la medicina e la neuropsichiatria mettono a disposizione. Tra le testimonianze più forti quella di Stefania Bartoccetti, giornalista e fondatrice di Telefono Donna Italia presso l’Ospedale Niguarda. Bartoccetti ha messo in guardia dal considerare la denuncia come una soluzione immediata e risolutiva: «La denuncia non è la soluzione. Se pensiamo che la donna possa denunciare e tornare a casa come prima, la condanniamo a una morte quasi certa».
Molte donne esitano a denunciare, ha spiegato, per motivi profondamente umani: il legame affettivo, la presenza di figli, un progetto di vita condiviso. «Quando arrivano a chiedere aiuto devono capire cosa possono affrontare e quali sono i loro diritti», ha proseguito. Per le situazioni ad alto rischio, Telefono Donna può mettere a disposizione case rifugio ad indirizzo segreto, fondamentali per proteggere chi si trova in pericolo immediato. Il convegno ha visto la partecipazione di figure di primo piano nel panorama scientifico, giuridico e investigativo: la sociologa Maria Giuseppina Muratore, la neurologa Maria Vittoria Calloni, la criminologa Isabella Merzagora, l’avvocato Federica Liparoti, il capitano Francesco Lionello, comandante della Compagnia Carabinieri di Abbiategrasso.




















