Il 27 gennaio è il giorno in cui si ricordano le vittime della Shoah. La questione che annualmente si ripresenta, in particolare ad un’agenzia educativa come la scuola, è la modalità attraverso cui “fare memoria”, in considerazione delle testimonianze ormai sempre più numericamente esigue dei sopravvissuti.
È diventato pertanto improcrastinabile approntare e promuovere iniziative e proposte culturali davvero efficaci, che forniscano spunti di riflessione e validi strumenti alle nuove generazioni per creare una memoria collettiva della storia dell’umanità, capace di generare un presente fondato su una solida conoscenza del passato e proteso verso un futuro identitario dell’umanità intera, – e non di questo o quel gruppo umano -, scevro da supremazie, nazionalismi ed egocentrismi.
“Come dunque raccontare l’orrore nazista, l’irrazionalità di quegli eventi, senza cadere nella “cattiva” retorica o nel sensazionalismo? Questa la domanda che ci si è posti, dalla quale è scaturita la ricerca di forme espressive e soggetti più consoni a suscitare nei ragazzi nuovi interrogativi e percorsi inediti – ha affermato il dirigente scolastico, prof. Davide Basano -, consapevoli che senza educazione non c’è speranza, senza memoria non c’è futuro”.
La sfida è stata raccolta invitando il regista Antonio Carnevale e la sua compagnia teatrale a rappresentare, davanti al pubblico degli studenti di terza media dell’IC “Carlo Fontana”, il suo “Il Bradipo e la Carpa”, spettacolo vincitore di prestigiosi premi.
La “pièce”, che è andata in scena in due repliche – venerdì 26 gennaio – presso l’auditorium della scuola “F. Baracca” e il salone della “Don Milani” di Robecco, ripercorre la vita di Géza Kertész e István Tóth-Potya, due allenatori ungheresi di fama internazionale, soprannominati per l’appunto “il Bradipo” e “la Carpa”.
“L’idea per lo spettacolo – ha spiegato il regista – è nata dalla lettura di ‘Due eroi in panchina’, un piccolo volume del giornalista catanese Roberto Quartarone. Qualche anno fa, andai quasi per caso alla presentazione del libro e rimasi molto colpito dalle vicende di due affermatissimi allenatori della scuola ungherese, attivi in Italia: Kertész aveva allenato infatti il Catania, mentre Tóth era stato alla guida dell’allora Ambrosiana-Inter, come successore del grande maestro Arpàd Weisz, vincitore di tre scudetti prima di morire all’età di quarantotto anni nel campo di concentramento di Auschwitz”.
Sebbene il duo Kertész-Tóth possa contare nel proprio palmarès quasi una decina di riconoscimenti internazionali, fra cui spicca una “Coppa Mitropa”, vinta da Tóth nel 1928, il loro trofeo più grande fu quello ottenuto lontano dai campi da calcio, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Infatti, essi tornarono in Ungheria per unirsi alla Resistenza, con l’obiettivo di salvare perseguitati politici ed ebrei. Un gesto di generosità che costò la vita ai due amici, un tempo compagni della squadra magiara del Ferencváros. La mattina del 6 febbraio, a meno di una settimana dalla data della liberazione di Budapest, un plotone d’esecuzione nazista li fucilò alle prime luci dell’alba.
Questa storia ha suscitato negli studenti curiosità ed emozione. Kertész e Tóth sono un esempio di amicizia e di coraggio, narrato attraverso il linguaggio della passione calcistica. “È sempre bello notare la reazione dei giovani quando utilizziamo un pallone d’epoca come oggetto di scena, ne rimangono colpiti”, ha commentato uno degli attori, che si sono poi intrattenuti con i ragazzi al termine della rappresentazione per rispondere alle loro domande.
Attraverso il teatro è stato possibile raccontare una vicenda, basata sulla ricostruzione storica degli eventi, che, toccando diverse tematiche, diventa al tempo stesso una riflessione su come mettere in scena una produzione legata alla Giornata della Memoria. Ne “Il Bradipo e la Carpa”, i ragazzi hanno colto la possibilità di unire due mondi apparentemente distanti: lo sport e la guerra. Inoltre si è optato per una rappresentazione che fosse in grado di appassionare, senza nulla togliere alla tragicità dell’esito finale.
A cura di Natalia Tunesi