“La Légion est à Magenta. L’affaire est dans le sac!” è l’ affermazione attribuita al maresciallo Mac Mahon, in quel lontano 4 giugno 1859 quando la città di Magenta fu conquistata dalle truppe franco-piemontesi, con cui comunicò la vittoria a Napoleone III.
In piena seconda guerra di indipendenza, con il decisivo supporto francese, il Piemonte sabaudo strappava un altro strategico possedimento nel Nord Italiano. Magenta era infatti tra le piazza forti più difficili da espugnare ma, grazie ai kepì blanc e ai fanti piumati, cadde dopo una cruenta battaglia costata quasi seimila morti. Un sacrificio umano enorme che, suo malgrado permise ai Savoia di raggiungere Milano segnando così la svolta dell’Unità d’Italia.
I bersaglieri dell’Armata Sarda combatterono quell’epico scontro insieme a due icone del colonialismo d’oltralpe: gli zuavi africani e i legionari, “figli di Francia non per il sangue ricevuto ma per quello versato”, “figli” della Legion Etrangere coetanea del leggendario Corpo fondato Lamarmora.
Ai tempi di Magenta, infatti, legionari e bersaglieri avevano fatto la loro comparsa sulla scena militare europea da circa un ventennio. La Legione nasceva nel 1834, l’indomani della missione di anti-pirateria condotta da Parigi ai danni dei bey (governatori) di Algeri, trasformatasi in una occupazione politica e militare durata sino agli accordi di Evian del 1962. Un reparto formato principalmente da non francesi, come suggerisce il nome, sacrificabili per mantenere il potere ed il prestigio di Francia negli infernali deserti d’Africa.
L’origine dei bersaglieri risale ad un paio d’anni più tardi, precisamente al 18 giugno 1836 su iniziativa del generale piemontese Alessandro Lamarmora. Allora, truppe di fanteria leggera da impiegare in missione ardite, dotate di grandi versatilità e di capacità di adattamento. E di una certa precisione nel tiro con il moschetto: da qui il nome, “bersaglieri”.
Il nuovo corpo piemontese ricevette il battesimo del fuoco a Goito, nel 1848; la tradizione della Legione richiamava invece alla battaglia della hacienda di Camerone, leggendario quanto cruento assedio in terra messicana, nell’aprile 1863 contro le forze repubblicane di Benito Juarez. Lì, a sostegno di Massimiliano d’Asburgo imperatore del Messico, poi finito fucilato, la Legione costruì la sua immagine più significativa: pronta ad imprese impossibili e a qualunque costo.
Ma torniamo a Magenta. Prima di liberare la città sulla via per Milano, bersaglieri e legionari avevano avuto già occasione di conoscersi e di combattere fianco a fianco. Fu in Crimea, nel 1854, quando il Piemonte inviò un suo contingente che, insieme ad inglesi, francesi ed ottomani, contribuì alla sconfitta dell’Impero zarista.
Forse, la condivisione dell’esperienza sulle sponde del Mar Nero (dove il generale Lamarmora perse la vita in battaglia) così come il comune sprezzo del pericolo e la capacità di adattarsi e di combattere su qualunque terreno spinsero i fanti piumati ed i legionari a gemellarsi. Un gemellaggio che, né le guerre mondiali né il mutare dei tempi e degli equilibri internazionali, hanno cancellato tanto da essere stato celebrato, nel giugno 2007, da un singolare quanto emozionante incontro tra i fanti dal passo veloce e i legionari dal passo lento e cadenzato. Tra Flik Flok e La Boudin. Entrambi i reparti sono inoltre cittadini onorari di Magenta.
Una storia che andrebbe insegnata nelle scuole ancora oggi o almeno raccontata, sempre che alcuni insegnanti vogliano concedere il loro placet…
da www.barbadillo.it