Ibracadabra all’ultima avventura, la più tremenda di tutte: l’operazione nostalgia. Il Milan, pur di esorcizzare gli incubi di questo primo, tremendissimo, tragitto di campionato agiterà il bacchettone magico per scacciare i mostri. Zlatan a 38 anni sarà chiamato a resuscitare un diavolo morto: se avrà nelle gambe un po’ di quella fibra che non gli manca nell’ego, forse potrà riuscire nell’ultima, impossibile, impresa.
I più cattivi hanno visto nel ritorno di Ibra a Milano un segnale inequivocabile del declino del calcio italiano. Una volta, tanti anni fa, i calciatori che a quell’età non avevano ancora voglia di mettere la testa a posto si accomodavano a fare i liberi in provincia. Oggi, invece, Zlatan Ibrahimovic è atteso come il Messia che rivitalizzerà l’attacco dei rossoneri. Ai detrattori ridanciani occorre ricordare che la preparazione atletica e la vita monastica hanno reso i giocatori più longevi, i loro fisici più resistenti e capaci di supportare più a lungo il talento.
La vera sfida di Zlatan è ancora un’altra. Dicono i saggi, specialmente quelli che ostentano d’esser uomini di mondo, che non si ritorna mai laddove s’è stati felici. Il rischio è quello di compromettere un ricordo dolcissimo, inchiodato dal tempo che passa e dalle ristrettezze del presente al miele della nostalgia. Ibrahimovic, portatore sano di mentalità vincente (quello che manca a questo scalcagnatissimo Milan), ha davanti a sé una sfida eccezionale, altro che CR7 alla Juve: se avrà ragione lui, se riuscirà a guidare il diavolo a una rimonta impossibile allora, di San Zlatan, se ne faranno statue al Duomo. Se non riuscirà manco lui a scuotere la depressione che ingobbisce la seconda squadra più titolata d’Europa, rischia di scivolare via e portarsi appresso l’immagine sua di campione al di là del bene e del male.
Careca (da www.barbadillo.it)