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Dall'archivio:

Luca Vialli, il ricordo personale: quel 5 maggio 1991 al ‘Meazza’ e la Doria che (grazie anche a D’Elia) vola verso uno scudetto storico e meritato

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MILANO – Il 5 maggio 1991 lo scontro diretto del “Meazza” premia i blucerchiati: le reti di Dossena e di Vialli, che in contropiede si lancia verso la porta avversaria, scarta anche Zenga e deposita in rete, sono il preludio, nonostante non manchino le (tante) polemiche arbitrali, alla festa Scudetto di 15 giorni dopo.

Benché oggi per tutti noi tifosi di calcio sia un altro giorno di lutto dopo quello di qualche giorno fa per il povero Sinisa, in me la profonda tristezza per la scomparsa del guerriero Gianluca, non può che riportami a quel 5 Maggio 1991 (già un altro 5 Maggio prima di quello con la Lazio,  per noi Interisti, anche se c’è da ricordare anche quello del 2010 con la finale di Coppa Italia e l’inizio dell’epopea del Triplete…) quando la Sampdoria passò al Meazza con un arbitraggio a dir poco scandaloso a firma del Signor D’Elia da Salerno. 

L’Inter dei panzer tallonava la Doria che onestamente era una squadra fantastica. Il simbolo insieme all’Hellas Verona e al Napoli di Maradona di un calcio in cui la provincia poteva andare ancora in Paradiso.

I nerazzurri del Trap venivano da un pareggio contestato a Firenze la domenica precedente con un goal non visto (oggi con il VAR e le altre tecnologie non ci sarebbero stati problemi) e quindi con un punto in meno in classifica nel difficile assalto ai Doriani. 

La partita, mi ricordo benissimo, si giocava sotto un cielo plumbeo, e i genovesi avevano letteralmente invaso tutta la Sud del Meazza (secondo e terzo anello). La partenza per lo stadio, poco prima delle 14, benché si giocasse a metà pomeriggio.

L’Inter andò all’assalto fin dai primi minuti, consapevole che c’era un unico risultato a disposizione: la vittoria….

Nel primo tempo, l’Inter protestò per un gol annullato a  Jurgen Klinsmann a causa di un fuorigioco apparso inesistente. Nella ripresa fu invece Paolino Stringara invece a reclamare un rigore per fallo su Vierchowod. Sempre sullo 0-0, a inizio ripresa, una caduta di Mancini in area dell’Inter innescò un parapiglia: Berti spintonò il 10 avversario, ma ad essere espulsi furono quest’ultimo e il capitano dell’Inter Bergomi, una delle poche espulsioni dello Zio con i nostri colori. 

Più passava il tempo e più cresceva l’ansia per il goal che non arrivava. E infatti ecco che la Doria con la sua classica manovra difesa e contropiede a freddarci…..

Come direbbe Max Pezzali “è la dura legge del goal…. fai un gran bel gioco però, ma poi gli altri segnano…”.

L’Inter non si arrese e ripartì a testa bassa come una belva ferita. Ma c’era troppa rabbia e poca lucidità.

Arrivò (FINALMENTE!) il calcio di rigore. Lothar Matthaeus si avventò su quella palla con la voglia di spaccare tutto. Ma ancora una volta niente da fare un super Gianluca Pagliuca che si oppose alla grande anche sulla ribattuta. E che si beccò anche un’ombrellata piovutagli sul braccio (e non per fortuna sulla testa) dalla Nord interista. 

Per chi mastica di calcio e capisce che molto dipende dagli episodi era il segno della nostra capitolazione….

Da lì a poco Luca Vialli (sì proprio lui) in contropiede ci punì nuovamente e mise sigillo su vittoria e scudetto che arrivò matematicamente la gara successiva contro il Lecce in un festante Marassi.

Fu una vittoria col cuore quella della Doria e certamente storica, al cospetto di una grande Inter (sfortunata e bistrattata dalla giacchetta nera campana) che però da lì a qualche giorno avrebbe alzato al cielo di Roma la Coppa Uefa in una finale (ancora in versione doppia) tutta italiana. La prima Coppa Uefa sotto la guida del presidente Ernesto Pellegrini. 

Per noi Interisti quella partita decretò anche la fine di un gemellaggio storico con i Sampdoriani (del resto troppe erano state le contestazioni sul terreno di gioco), per me giovane tifoso una delle tante prove del fuoco, perché tifare Inter significa gioia ma anche  tanta sofferenza e, proprio per questo, non è una cosa per tutti.

Devo dire però che verso quella Doria, non c’era antipatia. Solo una sana rivalità sportiva. Era una grande squadra e bomber Gianluca insieme a Bobby Goal erano i loro simboli.

L’anno successivo (cosa rara per uno come me che tifa solo Inter e basta…) devo ammettere che nella finale di Coppa Campioni con il Barca persa ai supplementari a causa di un gran goal su punizione di Rambo Koeman stavo dalla parte dei blucerchiati. Fu un vero peccato per quella macchina perfetta costruita con grande passione e competenza da Paolo Mantovani. Ma i trofei non mancarono anche se la coppa dalle grandi orecchie sarebbe stata davvero il massimo. 

 
Oggi comunque Gianluca è lassù nell’Olimpo degli dei del calcio. E giustamente i Doriani Luca Vialli (e non solo) oggi possono cantare che lui meglio di Pelè ! Ciao bomber. 

F.V.

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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