Loro Piana non avrebbe impedito lo sfruttamento dei lavoratori, per questo i Carabinieri del Gruppo per la Tutela del Lavoro di Milano hanno dato esecuzione ad un decreto di amministrazione giudiziaria della durata di un anno, emesso dal Tribunale di Milano – Sez. Misure di Prevenzione su richiesta della Procura della Repubblica di Milano.
Dopo i casi di Armani, Dior e Valentino, anche l’azienda operante nel settore dell’alta moda e presieduta dal figlio del magnate Arnault, sarebbe ritenuta incapace di prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo nell’ambito del ciclo produttivo. Loro Piana non avrebbe messo in atto misure idonee alla verifica delle reali condizioni lavorative nelle aziende appaltatrici tanto da agevolare colposamente soggetti responsabili di caporalato. Secondo le indagini, la casa di moda affida la realizzazione di capi di abbigliamento, tra cui giacche in cashmere, a una societa’ senza alcuna capacita’ produttiva, la quale esternalizza il processo produttivo a un’altra azienda che, a sua volta, al fine di abbattere i costi, ne affida la produzione ad opifici cinesi.
L’azienda committente provvede unicamente alla prototipazione dei manufatti mentre per la riproduzione su scala industriale puo’ competere sul mercato solo esternalizzando le commesse ad opifici gestiti da cittadini cinesi, i quali anche mediante il ricorso a sub appalti non autorizzati riescono ad abbattere i costi ricorrendo al sistematico impiego di manodopera irregolare e clandestina in condizioni di sfruttamento.
Tale sistema consente di realizzare una massimizzazione dei profitti inducendo l’opificio cinese che produce effettivamente i manufatti ad abbattere i costi da lavoro (contributivi, assicurativi e imposte dirette) facendo ricorso a manovalanza “in nero” e clandestina, non osservando le norme relative alla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro nonche’ non rispettando i Contratti Collettivi Nazionali Lavoro di settore riguardo retribuzioni della manodopera, orari di lavoro, pause e ferie.
Le indagini, iniziate a maggio 2025, dopo una denuncia presentata da un lavoratore di etnia cinese per sfruttamento e lesioni (era stato aggredito da parte del proprio datore di lavoro connazionale poiche’ aveva chiesto il pagamento degli stipendi arretrati, riportando lesioni con prognosi di 45 giorni), hanno effettuato accertamenti sulle modalita’ di produzione, confezionamento e commercializzazione dei capi di abbigliamento. Nelle verifiche presso alcuni opifici nel milanese, sono stati identificati 21 lavoratori, di cui 10 occupati in “nero” tutti di etnia cinese (7 erano anche clandestini sul territorio nazionale).
Negli stabilimenti di produzione effettiva e’ stato riscontrato che la lavorazione avveniva in condizione di sfruttamento e in presenza di gravi violazioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e ospitando la manodopera in dormitori realizzati abusivamente ed in condizioni igienico sanitarie sotto minimo etico.
Sono stati deferiti a vario titolo per caporalato due cittadini cinesi titolari di altrettante aziende (uno di essi, quello querelato dal lavoratore dipendente sfruttato, era stato tratto in arresto in flagranza di reato), sette lavoratori non in regola con la permanenza e il soggiorno sul territorio nazionale e due titolari dell’azienda sub-affidataria (cittadini italiani) per violazioni della normativa sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Sono state disposte multe pari a 181.482 euro e sanzioni amministrative pari a 59.750.