L’Italrugby batte la Georgia ed evita la figuraccia

E sabato arrivano gli All Blacks...

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Ad un passo dalla tragedia, l’Italia raddrizza una di quelle partite che devono essere vinte ad ogni costo perché, viceversa, lo smacco riporterebbe indietro nel tempo di dodici mesi, vanificando la crescita oggettiva maturata nel corso del 2024. Certo, battere gli orgogliosi e scaltri georgiani di tre miseri punti (20 a 17 il finale) e soffrendo fino all’ultimo secondo non è quel che si dice un capolavoro ma, appunto, delle volte vincere è davvero l’unica cosa che conta. Tensione altissima, i soliti infortuni di inizio match, questa volta è toccato a Lamaro, eccessiva foga nel condurre la manovra e concretezza azzerata, sono la sintesi di un primo tempo in cui la Georgia vede due palloni e sigla due mete e mette dentro un calcio piazzato. Per gli azzurri il settanta per cento di possesso ma la marcatura resta sempre lì ad un passo ed il tabellino all’asciutto.

Non è certo sfiga, perché già contro i Pumas si era intravista la stessa identica difficoltà nel tradurre in punti l’imponente mole di gioco, con gli argentini molto più bravi dei pari ruolo georgiani – en passant, a momenti ieri sbancano Dublino – nel farci pesare una lacuna purtroppo assodata. Anche la scelta di insistere con i calci alti, tutti conquistati dagli avversari, dev’essere rivista. Se l’up and under non funziona sarebbe il caso di non abusarne. Insomma, la battaglia aerea non è ciò che meglio ci riesce e tutta questa voglia di riprovarci francamente appare tafazzesca. Dagli spogliatoi, ahinoi, non esce un’Italia molto diversa, piuttosto è la Georgia a mostrare le prime crepe in termini di fiato. Difficile vedere così tanti giocatori in preda ai crampi come quelli in maglia rossa, tant’è che la meta punitiva concessa a nostro vantaggio, con annessi cartellino giallo e superiorità numerica, appare come la più normale delle conseguenze.

Tuttavia, chi si aspetta a questo punto che la tremolante compagine di Quesada, tornata sotto break, possa fare macerie della Georgia con le batterie scariche, dimostra una scarsa capacità di lettura delle partite perché, seppur sulle gambe, i georgiani si dimostrano furbi il giusto per trascinare i nostri in una lotta da cortile, sottraendosi al confronto in velocità che li distruggerebbe. Nel giochino scontato ci caschiamo dentro con tutte le scarpe e le cose non migliorano nemmeno quando Fusco schiaccia in meta in uscita dalla rimessa laterale magistralmente chiusa da Negri. Italia, pertanto, che mette finalmente il naso davanti nel punteggio con il cronometro che ha già iniziato l’ultimo quarto di partita e ciò traduce plasticamente la fatica immane alla quale siamo costretti, nonostante la differenza di qualità individuale a nostro vantaggio sia spesso evidente. Quella di Menoncello è di Brex, per esempio.

Ci sarebbe tutto il tempo per mettere in cassaforte il risultato e dare allo score una superiore dignità, ma i piazzati vanno sistematicamente fuori dai pali e gli errori in fase di possesso non finiscono di sottrarci opportunità per rimpolpare il punteggio. Così, con i georgiani in agonia fisica, l’Italia riesce nell’impresa tutt’altro che auspicabile di portare gli avversari ad un solo calcio di distanza fino all’ultimo secondo di gioco, quando, con il sacrosanto pragmatismo, congeliamo il pallone in uscita dalla mischia fino a far scadere il tempo di gioco che significa la sospirata vittoria. Ciò che serviva come il pane, perché, è bene ricordarlo, la Georgia è nostra avversaria diretta nella rincorsa al rugby che conta ed è molto più vicina all’Italia di quanto l’Italia sia vicina alle prime cinque/sei nazioni più forti al mondo.

Non ci sono altre buone notizie. Gli infortuni si sprecano, out pure Menoncello, i piazzati sono un debito, il gioco aereo è ai limiti dell’imbarazzo e, come detto, facciamo una gran fatica a mettere a referto punti. Non è ammissibile, infatti, che la prima marcatura su azione contro la Georgia arrivi solo al minuto numero sessanta. La scoppola rimediata settimana scorsa contro l’argentina, quindi, non è stato un errore di percorso. La prestazione odierna conferma che allo stato dell’opera il nostro livello è proprio questo e, con il Sei Nazioni alle porte, c’è poco da stare sereni.

Il titolo di “Man of the match” dato a Lamb, il migliore degli azzurri con Vincent, da solo non può bastare per considerare sufficiente la striminzita vittoria. L’unico aspetto concretamente positivo è legato alla capacità ed alla voglia di essere umili, di aver archiviato in fretta l’idea di poter abbattere i georgiani di blasone e, quindi, di aver accettato la battaglia casa per casa, impostata dai rivali, quale strada per il successo. Attitudine operaia nel momento di massima difficoltà, probabilmente ciò che Quesada potrà salvare da questo match onestamente orribile.

Con queste premesse, l’idea di dover affrontare tra sette giorni gli All Blacks a Torino fa, se possibile, ancor più paura del solito. Neozelandesi che, come non bastasse, troveremo incazzati a morte per aver appena perso in Francia.
Morale: sabato prossimo, qualora dovessimo replicare le ultime due scialbe prestazioni, si rischiano i cento punti sul groppone. L’auspicio è che lo scampato pericolo odierno, perché di ciò si è trattato, possa tradursi in una maggiore tranquillità di gioco e, pertanto, in un match di maggiore competenza rugbistica. Viceversa sarà l’ennisma mattanza.

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