sabato 30 Settembre 2023

L’intelligenza fine del Dem Marco Minniti che ‘parla’ alla Meloni: per l’Africa serve Piano Mattei

«La situazione è molto impegnativa. Abbiamo già ora cifre importanti che ci riportano al 2016, uno degli anni più difficili della storia dell’immigrazione nel nostro Paese. Ma, soprattutto, siamo avvolti nelle ombre del domani, per paragrafare il titolo di un bellissimo libro di Johan Huizinga. Per dire che il futuro non è rassicurante».

Lo afferma, in un’intervista a QN, Marco Minniti, ex Ministro dell’Interno, oggi alla guida della Fondazione MedOr, che spiega: “Ci sono stati due colpi di Stato recenti (Niger e Gabon), 8 in tre anni, con il Niger che è un Paese chiave per il governo dei flussi migratori e che aveva un governo che era il più occidentale del Sahel. E’ ripreso il conflitto in Mali, c’è una guerra civile in Sudan: significa migliaia di morti. Poi abbiamo avuto due eventi contingenti drammatici: il terremoto in Marocco, la catastrofe in Cirenaica”. “La Russia ha interessi in Africa, ma non ha la forza di organizzare una destabilizzazione in grande stile: quello che fa è colmare i vuoti dell’Europa, con la Wagner presente in numerosi Paesi. E’ il filo rosso che lega Ucraina e Africa”. “L’Europa – chiarisce – sta già perdendo l’Africa: e se questo accade, il problema è drammatico non per l’Italia, ma per tutto il Continente.

Dunque, la priorità assoluta è evitare una destabilizzazione complessiva del Continente africano, perché è evidente che il combinato disposto di crisi politiche e militari, sfida del terrorismo, questione migratoria e questione climatica può portare a un collasso dell’Africa”. Secondo Minniti, “Nel rapporto con l’Africa si gioca un pezzo fondamentale del futuro dell’Europa su tre grandi questioni: il governo dei flussi migratori, la lotta contro il terrorismo, il nostro fabbisogno strategico di materie prime e terre rare, decisive per lo sviluppo tecnologico”. “È importante che la von Der Leyen sia oggi a Lampedusa, come segno di attenzione e solidarietà, ma non è sufficiente. E questo vale anche per i ripensamenti tedeschi sul blocco dei ricollocamenti volontari o per le parole del Presidente Macron. Il punto cruciale non è la solidarietà. Ma l’impegno comune”.

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