«Non v’è dubbio che la sistematica violenza che ha caratterizzato l’attività degli ex capi delle Curve Nord e Sud abbia inciso in maniera significativa sulla percezione di sicurezza all’interno dello stadio», un ambito che la Lega Serie A «si è sempre impegnata a garantire e tutelare». È quanto scrive la giudice dell’udienza preliminare di Milano, Rossana Mongiardo, nelle motivazioni della sentenza con cui ha condannato a dieci anni di reclusione Andrea Beretta e Luca Lucci, ex leader delle tifoserie organizzate di Inter e Milan, imputati nel processo celebrato con rito abbreviato.
Secondo la Gup, le condotte violente poste in essere dagli imputati non solo hanno inciso sul clima di sicurezza percepito dai tifosi e dagli addetti ai lavori, ma hanno anche «pregiudicato in modo rilevante l’immagine» delle due società calcistiche milanesi e della Lega Serie A, tutte costituite parti civili nel procedimento. Dalle risultanze processuali, infatti, «risulta provato che la vicenda abbia causato danni non patrimoniali» sotto il profilo della lesione dei cosiddetti diritti immateriali della personalità, tra cui immagine, onorabilità e reputazione.
Un danno che, secondo il giudice, si riflette non solo sulla credibilità delle società coinvolte, ma più in generale sull’intero sistema calcio, chiamato a garantire eventi sportivi sicuri e accessibili al pubblico. Proprio alla luce di tali considerazioni, il tribunale ha riconosciuto una provvisionale immediatamente esecutiva pari a 50 mila euro ciascuna a Inter e Milan e a 20 mila euro alla Lega Serie A, in attesa della quantificazione definitiva del risarcimento in sede civile.
La sentenza rappresenta un passaggio significativo nel contrasto alle frange violente del tifo organizzato e ribadisce la responsabilità penale individuale di comportamenti che, oltre a integrare gravi reati, finiscono per arrecare un danno diretto e indiretto all’immagine dello sport e delle sue istituzioni.

















