L’Asst Rhodense e l’infermiere di famiglia

Un aiuto per la continuità assistenziale sul territorio e promuovere la salute pubblica

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Il signor Bruno ha 86 anni ed è affetto da decadimento cognitivo per malattia di Alzheimer in stadio avanzato. A novembre è andato in pronto soccorso per ictus ischemico. Tornato a casa, l’infermiere di famiglia e di comunità (IFeC) ha attivato per lui un piano di assistenza individualizzato, coinvolgendo il medico di base, i caregiver e la badante, garantendo continuità assistenziale nelle 24 ore post- ricovero.

Nei mesi successi questo tipo di gestione nella cura della persona ha comportato la riduzione degli accessi in pronto soccorso, il recupero della deambulazione autonoma senza ausili, l’inserimento in un progetto di RSA aperta per il recupero motorio completo, oltre ad un aumento della percezione di sicurezza da parte del paziente e della figlia.

In un contesto sociale dove i cittadini hanno sempre maggiori bisogni, soprattutto in ambito sanitario e di cura della persona, l’infermiere di famiglia e comunità (IFeC) diventa una figura indispensabile per garantire la continuità assistenziale.
L’Asst Rhodense nell’ambito del sistema territoriale ha introdotto l’infermiere di famiglia e di comunità già da qualche tempo, rispondendo con tempestività ai bisogni emergenti dei cittadini.

L’infermiere di famiglia e di comunità’ collabora con il medico di medicina generale (MMG) nelle valutazioni multidimensionali della persona e del nucleo familiare rilevando bisogni assistenziali, relazionali e ambientali. Garantire la medicina di prossimità è una delle attività dell’l’infermiere di famiglia e di comunità finalizzata a diminuire gli accessi impropri al Pronto Soccorso, aumentare l’aderenza terapeutica e migliorare l’integrazione multidisciplinare. Nei distretti sociosanitari l’infermiere di famiglia e di comunità ha la funzione di intercettare precocemente i bisogni di salute e di attivare risposte tempestive, in stretta sinergia con le Unità di Cure Domiciliari e con le Centrali Operative Territoriali, garantendo un’assistenza personalizzata e continuativa.

In questa organizzazione si inserisce il Progetto di Sorveglianza Domiciliare (PSD) che rappresenta un modello di intervento soprattutto verso le fasce più fragili della popolazione. Grazie a un approccio integrato e collaborativo, l’infermiere di famiglia e di comunità non solo risponde a bisogni emergenti, ma contribuisce attivamente a ridisegnare i confini del welfare locale, orientandolo verso una logica di cura diffusa, partecipata e sostenibile.

I criteri per l’accesso al servizio sono: presenza di fragilità (patologia cronica stabilizzata), nessuna necessità di ADI, persone sole o con rete sociale debole, pazienti dimessi da strutture ospedaliere con necessità di monitoraggio costante dei parametri vitali e dell’aderenza terapeutica, difficoltà per condizioni cliniche e/o logistiche a raggiungere l’ambulatorio di riferimento Territoriale, cittadini in carico ai servizi socio-sanitari territoriali. Per attivarlo basta informarsi dal proprio medico curante o dagli IFeC presenti presso i Punti unici di accesso (PUA), della Casa di Comunità (CdC) d’intesa e con conferma del medico dell’assistito.

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