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L’anno di Giorgia Meloni (di Marcello Veneziani)

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Nessuno potrร  negarlo: il 2022 รจ lโ€™Anno di Giorgia. รˆ la protagonista assoluta e solitaria dellโ€™anno che si sta chiudendo.
Partita da un piccolo ma promettente consenso, รจ cresciuta nei mesi e a fine ottobre ha raggiunto una meta che pareva proibitiva agli inizi del 2022: presidente del consiglio, con buona maggioranza e con pochi, preoccupanti contrasti. Ha vinto da sola, ha conquistato Palazzo Chigi al di lร  del suo partito e nonostante i suoi alleati che, comprensibilmente, pensavano a contenere il suo ruolo per difendere il loro spazio.

Opportunisti a parte, Giorgia ha allargato subito il suo consenso e soprattutto le simpatie. Contro di lei cโ€™รจ oggi solo la legge inesorabile della politica negli ultimi anni, la rapida deperibilitร : due-tre anni di gloria e poi la caduta. Ma non รจ dettoโ€ฆ

La Meloniย ha vinto in solitaria,ย nessuno in veritร  ha scommesso sulla squadra, gravavano non pochi dubbi sulla sua classe dirigente; ma il suo modo di essere, il suo piglio deciso ma non arrogante, il suo essere donna ma non femminista, il suo linguaggio verace e diverso da quello dei suoi avversari, la novitร  della destra-destra alla guida del governo e soprattutto il suo essere lโ€™unica allโ€™opposizione, senza responsabilitร  di governo, lโ€™hanno premiata. Nella scalata si รจ trovata come candidato unico a Palazzo Chigi, dopo che Draghi si era sfilato dai suoi sostenitori e nessun altro era in campo per contenderle la premiership.

Eโ€™ giunta al governo come una rivincita della politica dopo anni trascorsi dal nostroย Paese oscillando tra lโ€™antipolitica e i tecnici, in balia di sanitร  ed economia. Con lei la politica รจ tornata a governare lโ€™Italia, ma al tempo stesso si รจ eclissata. Pensate al Pd in preda alla peggiore crisi degli ultimi decenni, aggravata dallโ€™onda della corruzione e del malaffare, conteso tra modesti liderini in unโ€™epoca allโ€™insegna dei partiti personali. E dallโ€™altro verso ai grillini che pur risalendo la china del consenso grazie al voto di scambio sul reddito di cittadinanza, sono opposizione sociale, e direi quasi sindacale, nel nome dellโ€™assegno di Stato. Renzi continua a fare opposizione politica, ma รจ in netta minoranza in un cartello di netta minoranza.

Con Giorgia la politica torna al centro ma conta sempre meno e incide poco, tra vincoli e soglie, direttive e parametri.ย Dopo la scalata a Palazzo Chigi, รจ cominciata la virtuosa discesa della Meloni sugli sci presidenziali: con abili slalom ha cambiato la traiettoria lineare da cui era partita quando era allโ€™opposizione e ha inanellato una serie di slalom che lโ€™hanno condotta alla meta: paletti atlantici e militari made in Nato, paletti europei da osservare, paletti economici ereditati da Draghi. E poi ha brillantemente scansato insidiosi paletti sul fascismo, lโ€™antifascismo, gli ebrei, lโ€™aborto, seguendo senza esitazioni tutti gli obblighi previsti, abiure e rituali. I dissensi in Parlamento e in Piazza, le rivendicazioni sindacali, sono ostacoli fisiologici, tuttโ€™altro che insormontabili; servono piรน a giustificare i ruoli rispettivi che a ostacolare la Meloni.

Il vero nemico che resta, la minaccia piรน insidiosa, proviene dallaย Banca Centrale Europea, e assume le movenze rettili e i tratti serpentini di Christine Lagarde. Gli aumenti ulteriori dei tassi di interesse e le prospettive fosche sul futuro per lโ€™Italia, con minacciosi paragoni con la Grecia, sono oggi i colpi piรน duri inferti al governo Meloni a neanche due mesi dal suo insediamento.ย Probabilmente i segnali lanciati dalla BCE sono la punta avanzata e vistosa di una piรน vasta opposizione che i centri economici-finanziari riserveranno allโ€™Italia meloniana, se non si allinea.

A voler fare un primo bilancio della partenza di Giorgia al governo possiamo dire una cosa: la vera opposizione al suo governo non รจ politica ma economica, anzi economico-finanziaria, perchรฉ al di lร  della prudenza con cui sta procedendo, cโ€™รจ sempre il peccato originale inestinguibile del nostro grasso grosso debito sovrano che pende come spada di Damocle sulle teste. A una veduta dโ€™insieme il governo Meloni non registra gravi minacce politiche e parlamentari ma deve vedersela con una tenaglia: lโ€™ostilitร  economica e lโ€™ostilitร  ideologica. La prima deriva dai centri di potere economico-finanziario, non solo istituzionali ma anche legati ai mercati. La seconda, invece, รจ diffusa, nel nome del politically correct, della narrazione prevalente nei media e nella cultura, nel mondo dei diritti umani e sessuali.

Qui, inevitabile, sorge il vecchio dilemma morettiano in versione opposta: quando farร  Giorgia qualcosa di destra? Dico, farร  e non solo dirร , perchรฉ le parole sono piccoli risarcimenti simbolici, servono si per compensare il deficit di atti concreti e per rivestire e nobilitare lโ€™agire politico; ma alla lunga non basta dire identitร , italianitร , patria, e tutto il lessico nazionale, il repertorio patriottico di ieri, senza poi far seguire nulla di significativo che dimostri al popolo che il potere politico รจ davvero cambiato, la guida del paese รจ in altre mani e segue altri percorsi e altre prioritร , cโ€™รจ un bel salto di discontinuitร , come vogliono coloro che per questo hanno votato Meloni. Quale sarร  la prima impronta sensibile che la Meloni lascerร  a riprova che da lรฌ รจ passata la destra, ora ci sono i conservatori?

Per ora, in veritร , Giorgia โ€“ grandi occhi e piccole mani โ€“ non ha fatto nulla di significativo o di clamoroso che abbia urtato la suscettibilitร  di ambedue. Nessuna sterzata importante, nessun avvio o annuncio dโ€™intervento strutturale; solo piccoli passi e piccoli aggiustamenti. Piedi di piombo e mani di fata.

(Panorama, n.1)

di Marcello Veneziani

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