Durante la pandemia di Covid-19 sono “quasi triplicate” le donne con un rischio di depressione nel periodo perinatale – quello che va dall’inizio della gravidanza al primo anno dopo il parto – passando “dall’11,6% nel 2019 al 13,3% nel 2020, fino al 19,5% nel periodo tra gennaio e settembre 2021 e al 25,5% nel periodo tra novembre 2021 e aprile 2022”.
Lo ha sottolineato l’Istituto superiore di sanità, in base ai “primi dati nazionali sull’impatto della pandemia sul rischio di depressione e ansia nelle madri durante il periodo perinatale. L’indagine, pubblicata sull”International Journal of Environmental Research and Public Health’, ha coinvolto più di 14mila donne che hanno eseguito lo screening nel periodo 2019-2022 presso i servizi pubblici territoriali che partecipano al Network italiano per la salute mentale perinatale, coordinato dal Centro di riferimento per le scienze comportamentali e la salute mentale (Scic) dell’Iss”. Risultati che invitano a riflettere anche alla luce della tragedia di Voghera, nel Pavese, dove una madre che sarebbe affetta da depressione post-parto ha strangolato il figlio di un anno. “Questi dati, che provengono peraltro da un ampio campione nazionale – rimarca l’Iss sul suo sito – evidenziano l’impatto negativo della pandemia sulla salute mentale delle donne nel periodo perinatale, confermando il ruolo di noti fattori psicosociali per l’ansia e la depressione e la loro esacerbazione durante il biennio della pandemia. Sebbene siano ancora preliminari, i risultati evidenziano l’urgenza di monitorare il benessere psicologico delle donne nel periodo perinatale. L’attuazione di programmi di screening in questo periodo è particolarmente importante – si raccomanda – per identificare precocemente le donne a più alto rischio di ansia/depressione e quindi la loro inclusione in programmi di intervento efficaci, favorendo così lo sviluppo della relazione madre-bambino e della salute mentale per tutta la vita”. “Le variabili associate al rischio di depressione – illustra l’Iss – includono l’avere problemi economici e non poter fare affidamento sul sostegno di parenti o amici, mentre essere casalinga rappresenta un rischio inferiore. Le variabili associate al rischio di ansia sono l’essere di nazionalità italiana, avere alcuni o molti problemi economici, non poter contare sul sostegno di parenti o amici, e non aver frequentato un corso di preparazione al parto”.