Le situazioni di indigenza in città aumentano. Negli ultimi giorni, anche il portico sul retro di Villa Naj Oleari, si è trasformato in una sistemazione improvvisata per un senza tetto. Non solo stranieri. Anche diversi italiani. E adesso don Giuseppe dopo il refettorio e l’ambulatorio, rilancia l’idea di un ‘dormitorio di comunità’
MAGENTA – Trenta mila pasti caldi sfornati in trecentosessantacinque giorni. E’ il dato che certifica l’attività intesa della cosiddetta ‘Mensa dei Poveri’ che sorge all’interno del centro del Rione San Francesco e Santa Chiara. Lanciata nel 2016 per volere del vulcanico prevosto don Giuseppe Marinoni è un ormai una realtà consolidata. Che dà la cifra del bisogno presente in città e nei suoi dintorni, ma anche di come l’intuizione di don Giuseppe e delle realtà del sociale – San Vincenzo e Caritas in testa ma non solo – che lo hanno seguito nel progetto ‘Non di solo pane – refettorio di comunità’.
Il parroco ne è tornato a parlare l’altro giorno in occasione della presentazione dell’edizione 2017 del San Martino. “Un’occasione – ha ricordato don Giuseppe – per ricordare anche gli aspetti della carità e della generosità che sono due costanti per la nostra comunità”.
D’altra parte, non mancano in città persone che ogni notte dormono fuori casa in cerca di un riparo improvvisato. Chi si rifugia nella galleria dei portici, chi all’interno del Pronto Soccorso del ‘Fornaroli’. Ultimamente, anche sotto nel retro della Villa Naj Oleari (*con relativo intervento della Polizia locale, intervento peraltro molto soft, vista la delicatezza della vicenda andato in scena già un paio di volte in questi giorni alla mattina presto).
“L’emergenza esiste – ha detto don Giuseppe – e noi vorremmo affrontarla”. Anche perché il tema è assolutamente trasversale, e vede coinvolti anche diversi italiani. Gente che magari ha perso la casa, e si è ritrovata improvvisamente senza un tetto. Fanno meno notizia dei migranti, ma sono persone con gli stessi diritti e la stessa dignità e che meritano un trattamento adeguato.
Qualche tempo fa fu Aurelio Livraghi, figura storica della Caritas cittadina e San Martino d’oro con la sua associazione, nonché responsabile del centro d’ascolto del decanato a ‘dare i numeri’. E le stime parlavano di almeno un numero di persone che oscillavano tra le 30 e più che ogni notte dovevano trovarsi un riparo da mettere sopra la testa.
Da qui allora la nuova sfida lanciata da don Giuseppe. Dopo il refettorio e l’ambulatorio dei poveri, ecco l’idea del dormitorio. Il sacerdote ne sta parlando da un po’ e chi lo conosce – vista la determinazione – scommette che presto arriverà anche quello. Intanto il prossimo 19 novembre si celebra la prima Giornata Mondiale dei Poveri. “Un’opportunità – ha detto il parroco – da cogliere così da sviluppare un momento di riflessione con le numerose realtà caritatevoli presenti nel nostro territorio e vedere come meglio collaborare insieme”.
F.V.