La Capannina di Franceschi, appena acquistata da Giorgio Armani, non ha bisogno di presentazioni viste le sue tante incarnazioni dal 1929 a oggi, tutte già ampiamente celebrate: posto per intellettuali, poi per famiglie ricche in villeggiatura a Forte dei Marmi e dintorni, poi locale notturno dell’Italia del boom, poi ancora simbolo dell’ottimismo anni Ottanta e infine di una nostalgia collettiva per un’età dell’oro forse mai esistita e comunque vissuta da altri, mentre noi stavamo (benissimo) a Lignano.
Per motivi di età siamo stati soltanto nella Capannina nell’era della famiglia Guidi, durante cui vennero anche girate nel 1982 (il film dei Vanzina è ambientato nel 1964) alcune scene di culto di Sapore di mare, quelle con Edoardo Vianello e quelle, commoventi, nel finale ambientato nel 1982. Da Adriana-Virna Lisi che dice al figlio come erano stati gli anni Sessanta (“Mi sembra di ricordare che ci batteva il cuore”) al biglietto di Luca-Jerry Calà a Marina Suma a tutto il resto, con la chiusura sulle note di Celeste nostalgia. Una finzione, perché già nel 1982 la Capannina si stava smarcando dalla sua immagine di posto da cumenda, ma questa è l’immagine che rimarrà nell’eternità.
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Da trascinati, per assenza di personalità, o servi della gleba, sempre per lo stesso motivo, diverse le nostre presenze alla fine degli Ottanta, per tutti i Novanta e un po’ degli Zero, con avvistamenti iconici (su tutti Gianni De Michelis, tranquillissimo, nel momento del suo massimo fulgore) e quasi sempre in serate morte, escluse quelle dei concerti, comunque pochi e quasi sempre inferiori a quelli spesso straordinari della Bussola di Sergio Bernardini (poi passata anch’essa ai Guidi). Alla Capannina non abbiamo assistito ad alcuno dei concerti delle grandi star straniere, citati in queste ore nei vari articoli del genere AI, ma ricordiamo i brividi che ci diede Anna Oxa nell’estate del ‘90: notti magiche, davvero.
Gli anni Ottanta della Capannina cambiarono poco lo storico e rilassante arredamento, ma furono quelli dell’arrivo dei deejay: di fatto nelle serate senza eventi particolari o concerti diventò una discoteca più carina e raccolta di tante altre, stando a chi è aggiornato ancora oggi con meno tamarraggine della media. Certo le regole erano e sono quelle delle discoteche, con le varie caste più volte denunciate dall’immenso (quando era vivo) Erminio Ottone, dall’ingresso semplice al tavolo al privé fino al ristorante, ma ci dicono che senza sboronaggine con 30 euro si possa passare lì una bella serata ancora nel 2025.
Potremmo quasi giurare che il nostro primo ingresso alla Capannina nel 1987 costasse 30.000 lire, si può quindi dire che in quasi 40 anni soltanto il locale versiliano sia venuto incontro alla classe media. Altra storia, ribadiamo, il privé o il ristorante, gli annessi e i connessi. Ma per ascoltare Jerry Calà alla Capannina, cioè il massimo (per noi) della vita, il prossimo 6 settembre se si vuole andare al risparmio bastano 25 euro. Un posto davvero da Armani, che lo frequentava da giovane e che lo ha sempre amato. Di più, un posto come Armani: credibile con i ricchi veri, con i medi wannabe e con i tamarri poveri che possono permettersi solo le sue mutande.
Stefano Olivari- www.indiscreto.info