Da inizio stagione l’influenza ha già colpito in Italia 1,7 mln di persone. Cresce la curva e nell’ultima settimana si sono registrati 435 mila nuovi casi, un
lieve aumento rispetto alla settimana precedente ma con un passo sostenuto.
Lo registra il rapporto della stagione della sorveglianza
RespiVirNet. Mentre dagli Usa arriva la notizia del primo caso
umano di influenza aviaria da ceppo H5N5. Una partenza “alla
grande” della stagione influenzale ma sull’andamento, come
sempre, inciderà anche il meteo. A fine anno e con il ritorno
nelle scuole si potrebbe registrare infine il picco.
A spiegarlo
è Fabrizio Pregliasco, virologo e docente di Igiene Generale e
Applicata presso l’Università di Milano, Direttore scientifico
di Osservatorio Virusrespiratori.it. “Difficile per ora
prevedere il picco, le condizioni meteo incidono, in particolare
l’abbassamento repentino della temperatura e l’aumento
dell’umidità. I rapporti sociali intensi durante le festività di
fine anno e poi la ripresa delle scuole possono essere le
condizioni per il raggiungimento del picco della stagione”.
L’incidenza più elevata si osserva, come di consueto, nella
fascia di età 0-4 anni, con circa 23 casi per 1.000 assistiti.
L’incidenza di casi stimati di infezioni respiratorie acute in
Italia, risulta pari a 7,64 casi per 1.000 assistiti (rispetto
al 7,24 dell’ultimo bollettino), con circa 435mila nuovi casi,
per un totale di circa 1.737.057 casi a partire dall’inizio
della stagione.
Ancora l’intensità viene considerata tecnicamente bassa o al
livello basale per tutte le regioni, ma un cambiamento di
calcolo introdotto quest’anno rende difficile confrontare
l’incidenza settimanale con quella delle stagioni precedenti.
In diminuzione invece i casi di SARS-CoV-2 e nei dati sui
ricoveri ospedalieri i tassi più alti si osservano nella fascia
di età over65.
Epidemiologi e virologi intanto osservano quanto sta accadendo
negli Usa per l’influenza aviaria. Un residente dello stato di
Washington è risultato infatti positivo all’aviaria, primo caso
umano negli Stati Uniti dal febbraio scorso e le autorità
sanitarie hanno confermato che si tratta del ceppo H5N5, mai
identificato prima nell’uomo. Il caso di Washington arriva dopo
nove mesi senza infezioni umane negli Stati Uniti. Tra il 2024 e
l’inizio del 2025 si erano registrati 70 contagi nel paese, per
la maggior parte tra lavoratori di allevamenti di bovini da
latte e pollame. Un solo decesso, in Louisiana, è riconosciuto
legato all’infezione.
Dal 2022 negli Stati Uniti circola in forma predominante il
ceppo H5N1, responsabile di ampie epidemie in uccelli selvatici,
allevamenti avicoli e, più di recente, in bovini da latte. Negli
ultimi mesi quasi 70 allevamenti di pollame sono risultati
positivi, con oltre 1,7 milioni di volatili coinvolti.
Il virus può diffondersi attraverso saliva, muco, feci e latte
dei bovini infetti. Non esiste evidenza di trasmissione da
persona a persona negli Stati Uniti. Le autorità stanno
monitorando i contatti stretti del paziente contagiato dal ceppo
H5N5 e non hanno individuato altri casi.





















