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In ricordo di Domenico Amadio

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Segaligno, il volto etrusco, obbedรฌ tacendo allโ€™inesausto dolore che negli ultimi anni suoi gli aveva mozzato quel passo da soldato con cui aveva misurato la cittร , in lungo ed in largo nei suoi decenni di vigilanza urbana, e prima ancora giovanissimo e con una โ€œfame lungaโ€ i sanpietrini della Capitale a servizio nellโ€™Arma. E ovattato quel suo costruire la conversazione trapuntando le strofe sulfuree del Trilussa, del Belli e, come ogni uomo della sua generazione, di Dante che in testa nostra ce lo ficcarono anche con la pertica che il maestro teneva affissa alla cattedra e andava a benedire qua e lร  tra noi tutti che ce ne stavamo lรฌ, scalzi, mezzi ignudi, alcuni con ancor le crete intorno i calcagni che la mattina sul presto i genitori suoi ce li mandavano per la masseria al pascolo degli armenti. E gli fu, la poesia, consolazione arguta nella vita sua che in ogni angolo di vissuto egli scavava fuori da una formidabile memoria il verso che andava calzando. Mi ritorna della primavera, tra quei sotto i portici in aria da tramontana, il borsalino scuro, il lungo cappotto blu che portava sbottonato sopra giacca e camicia e cravatta e scarpe lucide come i ciocchi dโ€™ebano, โ€˜del buon governo il lupo sโ€™ammaschera dโ€™agnelloโ€™, anticipรฒ e concluse la novitร  della politica, per subito agugliare della tramontana gli ampi spazi della sua lontana infanzia tra i monti della Tolfa, in quelle valli rigogliose di erba medica che profuma di speziale e lโ€™odore della terra arata umida di rugiada, e di strade sterrate che nelle estati canicolari un cavallo sollevava polvere a nubi di tempesta, e narrava di mandrie e di puledri e di domatori di cavalli che scavezzano a rischio dโ€™ossa e pecore e capre e latte appena munto e miele che andavano a rubare allโ€™api e dei ruscelli coi granchi rosa che sโ€™abbacchiavano di prescia sul fuoco imbastito lรฌ tra quattro sassi, per la fame che ciascuno di noi si teneva, e le serpi tra i roveti che si andavano a sassate e laggiรน il bianco capo del Terminillo con quella neve che a noi sโ€™era detto alla scuola lโ€™immagine dellโ€™Eterno.

Domenico Amadio con le nipoti, alla festa per i suoi 90 anni

Poco oltre lโ€™adolescenza nei Carabinieri, che allora la disciplina voi manco potete immaginare fin dentro lโ€™unghie te venivano a guardare e un granello sul bavero della giacca era una punizione da tre serate in caserma che era di gran lunga desiderato un ceffone che starsene lรฌ a rigirar in piazza dโ€™armi. E Magenta, dove Domenico Amadio si adoperรฒ come vice-comandante della vigilanza urbana comandata da suo fratello Giovanni di cui egli mostrava, in ogni occasione, il rispetto del grado. Ed era quella vigilanza che dei magentini ne conoscevano tutti nome e cognome e soprannome e professione e fastidi e innocenze. E mai ne fecero mercato o vanagloria. E quando poi accaddero fatti che facevano scalpore nel cicaleccio di quellโ€™esigua piazza nostra a slargo di gomito, lui liquidava i curiosi con quel suo dire lโ€™innocenza cominciรฒ col primโ€™omo, e lรฌ rimase. Quandโ€™accadeva che ci si incontrasse, in questi lunghi anni profondi, abbiamo atteso, fumandoci la sempiterna sigaretta, dentro quel suo narrare, che era poi la sua arcadia e la sua natura di uomo buono. Ed รจ stato bello.

Emanuele Torreggiani

 

(I funerali di Domenico Amadio si terranno domani, lunedรฌ 24 settembre, alle ore 11 a Magenta)

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