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Dall'archivio:

In morte di Mario Erigoni, partigiano combattente, classe 1925

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Attenzione: questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie.

Potrebbe contenere informazioni obsolete o visioni da contestualizzare rispetto alla data di pubblicazione.

E’ mancato un combattente, l’ultimo partigiano presente a Megolo (territorio di Pieve Vergonte),  con il capitano Filippo Beltrami il 13 febbraio 1944, luogo sacro della Resistenza, dove 14 partigiani persero la vita in uno scontro ‘voluto’ coi tedeschi. Lui no, riuscì a scamparla perché ascoltò l’ultimo consiglio del Capitano e cercò nella fuga la salvezza quando ormai la formazione partigiana era stata sopraffatta. Chi scrive lo interpellò in proposito e lui ricordò il momento in cui, dopo il discorso preventivo di Beltrami sul pericolo di perdere la vita, molti giovani decisero di allontanarsi, di non partecipare allo scontro (40 partigiani contro 250 tedeschi), ma lui no, lui rimase lì a combattere con il suo Capitano che proprio a Megolo sarebbe stato ucciso col fucile in mano.

Mario Erigoni l’avevamo conosciuto una decina di anni fa quando eravamo intenti alla realizzazione del libro di cui pubblichiamo la copertina. Insieme all’avvocato Luisa Vignati avevamo un appuntamento ai piedi dell’Ossola. Dovevamo salire, seguire l’alveo del fiume Toce fino ad arrivare alle cascate, al confine con la Svizzera. Lui ci invitò a salire sul suo Suv (aveva già 85 anni!) e in maniera un po’ spericolata ci condusse nei luoghi in cui si svolse la ‘sua’ guerra civile, tra cui Megolo, il luogo dove, a vent’anni,  avrebbe potuto perdere la vita.

Dopo la guerra – per evitare guai –  fu ‘invitato’ a girare un po’ il mondo per accasarsi, infine, a Lione (Francia) dove aprì un camping e visse felice e contento fino al dicembre 2022. Comunque, faceva sempre una rentrée a Borgomanero, dov’era nato nel 1925, per passare qualche tempo con i vecchi ‘compagni’ come ‘Massiccio’ (Alessandro Maiocchi da Borgomanero) che lo conosceva da sempre e dal quale abbiamo avuto la triste notizia che Mario aveva lasciato questo mondo.  

Prima della pubblicazione del libro, in cui Erigoni compariva nella cover qui pubblicata, ci scrisse una lettera postuma, dalla quale abbiamo tratto alcuni stralci, sprazzi di vita vissuta dopo il 25 aprile 1945:

“1 – Nel ‘43 un gran numero di giovani erano rossi, nonostante tutti fossero stati ‘balilla’, fascisti come il 90% degli italiani;

2 –  Ho conosciuto partigiani-contrabbandieri. La prima volta, a uno di questi, affidai un gruppo di militari inglesi da accompagnare in Svizzera; la seconda volta uno di loro portò in territorio elvetico una signora ebrea con la sua bambina. Sempre gratis;

3 –  Erigoni raccontava come, dopo il 25 aprile, fu arrestato per porto abusivo d’armi e come fuggì dal carcere. A Novara, dopo aver dormito su un sacco di pelle di pecora sottratto ai tedeschi, pieno di pulci, per settimane fu aiutato da Ciro Moscatelli a vivere, ma anche a trovare un lavoro. Dopo due anni di peripezie fece un espatrio clandestino in Francia dove fu ospitato da altri comunisti.  Alla fine ottenne un contratto di lavoro –  come saldatore – nella base americana di Nouasseur (Marocco), luogo dal quale iniziò il suo successivo peregrinare nel mondo.”

   

 

DIDA Mario Erigoni davanti al monumento storico che ricorda i 14 Caduti nel combattimento di Megolo (territorio di Pieve Vergonte), battaglia alla quale partecipò da combattente

 

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