In morte di Gianni Mainini: era un uomo – di Francesco Oppi

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Riceviamo e pubblichiamo un bel ricordo di Gianni Mainini vergato da Francesco Oppi del Guado, che va nel profondo della storia umana e politia dell’ex sindaco di Inveruno e già delfino di Albertino Marcora

Gianni Mainini, la scrivania al primo piano della sua bella azienda tra Inveruno e Mesero. Fiore all’occhiello dell’eccellenza artigianale e industriale italiana. L’ufficio luminoso e lui felice a progettare, tra carte, lettere, quadri, libri. Così lo incontrai la prima volta, e così anche l’ultima. Fare politica. Sì, lui voleva fare politica; sempre, con una determinazione etica incontestabile, quasi deontologica. Una Politica con la P maiuscola, basata sul progetto a lungo termine, sulla promozione della cultura (anche attraverso l’arte) e sulla reale fattibilità delle cose; Mainini considerava la politica come mezzo per ampliare e difendere gli interessi delle comunità, dei cittadini e delle strutture rappresentative di riferimento, un mezzo per sviluppare la cultura e, quindi, la partecipazione democratica. Imprenditore e rappresentante di imprenditori ai massimi livelli, amministratore locale (Sindaco di Inveruno “designato” da Giovanni Marcora), giornalista attento e dedito, mecenate e benefattore, Gianni Mainini è stato un punto di riferimento etico, politico e di progetto sociale per il territorio dell’alto milanese e non solo (si vedano, tra l’altro, i vari numeri del periodico “Paese”).

Cresciuto nell’Italia migliore, ha saputo restituire molto di quello che ha avuto e potuto assorbire. Soprattutto è stato il costruttore, conservatore e narratore preciso della storia della Democrazia Cristiana e della sua “Base” (e quindi del nostro Paese) attraverso quel Centro Studi Marcora che oggi si presenta (per fortuna di tutti e grazie al suo impegno) di rango Nazionale. Ironico, a tratti altero, mascherava con eleganza una profonda umanità. Assistito concretamente dalla famiglia anche nel lavoro, i suoi occhi potevano guardare, con pragmatismo, in faccia il futuro. Ho avuto il privilegio d’essergli amico: un avvicinamento progressivo, quasi automatico, basato su fatti concreti, su progetti costruiti senza pregiudizi: lo ricordo nell’ultima avventura insieme, in azienda, mentre mi portava di persona il muletto (da imprenditore vecchio stampo) con un pallet da utilizzare per poter fotografare meglio i documenti (importantissimi) che poi ho montato per la mostra che ho curato per sua volontà, con il Comune di Inveruno, in occasione del Centenario del Senatore e Ministro Giovanni Marcora: “dai Francesco, beviamo un caffè poi cominci, se hai bisogno sono in ufficio fino a mezzogiorno, come va al Guado?”. Proprio ieri gli scrivevo su progetti ancora attivi. Da oggi ognuno di noi che opera in ambito sociale culturale, con umiltà e nella collaborazione, ha una quota in più di lavoro etico e politico da mettere in campo perché la scomparsa di Gianni Mainini non sia la scomparsa del suo lungo, concreto e proficuo impegno socio culturale.

Francesco Oppi- Cascina del Guado

Indro Montanelli in morte di Albertino Marcora, sul Giornale

“Apparteneva alla razza di quelli da contarsi sulle dita di una sola mano, che volevano fare, i posti di potere non lo attiravano, e quando gliene dettero uno, il ministero dell’Agricoltura, lo trasformò in un posto di lavoro. A Bruxelles, tutti lo ricordano con un misto di rispetto e di timore. Era forse l’unico esponente politico europeo che non aveva bisogno di farsi accompagnare da esperti né di sollecitare i loro suggerimenti negli spossanti negoziati sulle tariffe delle verdure o sui contingenti del latte. Aveva bisogno solo di un interprete, perché l’unica lingua straniera che parlava con una certa disinvoltura era l’italiano. Ma quando si arrabbiava – e si arrabbiava spesso -, tornava al lombardo, e allora anche l’interprete si trovava in difficoltà. Di un personaggio politico che muore – ebbe a scrivere Montanelli – è raro poter dire: Era un uomo. Di Marcora, è impossibile dire altro”.

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