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Il principe

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Supino, si allungรฒ la coperta sulle spalle, chinรฒ il capo, nella composta misura di un passero, e affondรฒ nel guanciale. Diciassette anni fa, in un luglio limpido e ciclico quale lโ€™odierno, moriva il principe dei giornalisti italiani: Indro Montanelli. Si rischiรฒ di perderlo quando al finire dellโ€™inverno del โ€˜45 fu catturato dai tedeschi, incarcerato a San Vittore e condannato a morte. Lo salvรฒ la sua mamma che si rivolse al Cardinale Ildefonso Schuster, grandissima anima benedettina, che si adoperรฒ, presso lโ€™alto comando tedesco, per lui ed altri mille e mille in quei cupi mesi. Riapprodรฒ al Corriere della Sera senza far mostra di coccarda. Condivideva la scrivania con Dino Buzzati, taciturno amico fraterno che aveva partorito, nellโ€™indifferenza, Il deserto dei tartari, capolavoro verticale della professione giornalistica: lโ€™attesa della notizia. Fu bollato, nella volgaritร  della tifoseria politica, speculare alla calcistica, come fascista. Che in Italia รจ la madre di tutti crimini sia accaduti che non ancor desti. Spallucciava con lโ€™indifferenza sovrana dellโ€™airone ai tafani da stagno. Scrisse la storia dโ€™Italia in volumi a dispensa attirandosi lโ€™ira degli storici dโ€™accademia che lesinavano il lesso, mentre lui ci guadagnava diritti per milioni. Ma, soprattutto, non assecondรฒ il giogo del progressismo un tanto a stipendio, costume dellโ€™intellettuale italiano asservito alla baronia di turno.

indro montanelli, 1970

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E quando, mentre nel resto dโ€™Europa, il sessantottismo confluiva nel nuovo cinema e in una nuova forma letteraria, in penisola ci si dedicava allo sciopero selvaggio, alla conflittualitร  radicalizzata, al terrorismo, Indro Montanelli abbandonรฒ il Corriere che, anzichรฉ esercitare il criticismo, chโ€™รจ sostanza di dovere e potere, di ogni giornalismo sโ€™accodava a capron megafono. Nacque Il Giornale, anno domini 1974. Molti non ricorderanno, o non sanno, dei giornalai che rifiutavano di distribuire la testata. Delle angherie minime, ma per un liceale massime, di professori e compagni di classe (per dire) che deridevano sino allโ€™insolenza perchรฉ lettori del giornale e delle sue montanellate. Ho un ricordo nitido di questi asini da cattedra senza pedana. Gli spararono pure le brigate rosse, e anche lรฌ non ne fece martirio, spezzandogli le gambe da cui serbรฒ una lieve zoppia che espresse al meglio con un bastone di canna di spagna alla Balzac. Tre nomi: Raymond Aron, Jorge Luis Borges, Antony Burgess; scrivevano abitualmente per Il Giornale. Furono anni fecondi, dal giornale non si facevano sconti nรฉ alla vulgata comunisteggiante in odore di sacrestia nรฉ allโ€™incensamento bonario sul terrorismo. I lettori del Giornale erano odiati dai democristiani, dai socialisti, dai comunisti e dai missini ad alternanza. Anni bellissimi. Naturalmente la Rai, il servizio pubblico, il canone, la par condicio e tutte ste bazzecolate qui, ben si guardรฒ dallโ€™aprire una telecamera sulla testata che macinava giornalismo come mai altre volte nella storia di questa penisola e mai piรน. Quando arrivรฒ Berlusconi che volle fare il padrone, Montanelli che accettava come Padrone solo il lettore, se nโ€™andรฒ e fondรฒ La Voce che durรฒ una mezza stagione anche perchรฉ il padrone aveva fatto sapere in giro che lui era il padrone e in Italia andare contro il padrone, un padrone purchessia, รจ roba da tragedia in un Paese da commedia dellโ€™arte in cui il servo serve due padroni. Fu pregato da Cesare Romiti e da Paolo Mieli di rientrare al Corriere e lรฌ, con la sua pagina fissa, La stanza di Montanelli, scrisse sino al giorno dopo. La pagina era giร  bellโ€™e pronta.
Tra i tanti testi, tutti di innegabile valore, spiccano Gli Incontri in cui con la sua cifra linguistica tratteggia i personaggi di rilievo, ritratti a punta secca comparabili a Durer: lingua dantesca con la plastica del Boccaccio e lโ€™angostura dellโ€™Angiolieri; La sublime pazzia della rivolta, di quandโ€™egli era a Budapest nel 1956, nei giorni dellโ€™insurrezione popolare schiacciata dai carri armati sovietici, lui era lร  e qui trapassรฒ la vulgata di una controrivoluzione fascista, (siamo alle solite Calimero, brutto sgorbio nero, ava come ava, a mano e in lavatrice). Grandissimo. Autentico maestro. Presente. Diciassette anni fa Indro Montanelli. Lโ€™Italia รจ piรน povera, e lo si legge.

Emanuele Torreggiani

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