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Dall'archivio:

“Il maestro dei sogni” che regala diari e stilografiche e trasmette l’amore per la scrittura

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 Ho conosciuto Massimo in occasione di un corso di grafologia che ho tenuto presso un’associazione qualche anno fa. Da allora, non ha smesso di inviarmi fotografie dei quaderni dei suoi alunni, rigorosamente scritti in corsivo. Ma non si può certo dire che Massimo Camocardi sia un retrogrado, è infatti l’animatore digitale d’istituto, la figura che coordina – dal punto di vista tecnico e didattico – l’azione nelle classi con l’elemento informatico.

 

Chiacchierando con il maestro, che insegna alla Scuola Primaria dell’istituto comprensivo “Gobetti” di Trezzano, è impossibile non avvertire la passione e l’entusiasmo che animano le sue scelte; è evidente che l’aspetto umano è centrale nella sua impostazione didattica, basata su un metodo tutto inventato sul campo: «Giro per classe con tre o quattro stilografiche nel taschino, i bambini semplicemente osservano e vogliono imitare. Racconto sempre un sacco di storie, ma non gliele faccio usare né toccare, così aumentano la curiosità e il desiderio. Finalmente le concedo qualche volta e poi la vogliono tutti». Le stilografiche sono presenti in classe, diventando un elemento famigliare, fin dalla Prima classe, perché il maestro Massimo le usa per correggere i compiti, giocando anche con il colore grazie alla varietà degli inchiostri scelti: «Tornano al banco soffiando sul voto perché ci vuole un quarto d’ora a farlo asciugare».

Inoltre, la scrittura dell’insegnante non passa inosservata, è sofisticata e stravagante (simile a quella di d’Annunzio), perciò gli alunni restano colpiti da una grafia così unica e particolare. Avvicinare i bimbi al mondo della scrittura a mano, ed in particolare del corsivo, diventa, per questi alunni fortunati, sostanzialmente un gioco: «In classe ho il cassetto con dentro gli inchiostri e carico le stilografiche davanti ai loro occhi, per cui vedono tutto il rito. Le bimbe soprattutto restano “acchiappate”, vorrebbero disporre di tutti i pennini».

Massimo segue i suoi alunni accompagnandoli dalla Prima alla Quinta classe. In Terza, i bambini hanno la possibilità di cominciare ad utilizzare le stilografiche che lui stesso, con grande generosità ed entusiasmo, regala loro. Il dono avviene dopo un percorso di due anni di apprendimento graduale ed attento al gesto grafico e rappresenta perciò, per i bambini, una gratificazione personale. Spiega il maestro: «La stilografica è in realtà un cavallo di Troia per affascinarli rispetto al mondo della scrittura. Li lascio liberi anche di pasticciare ed insegno il corsivo, ci tengo, su questo li correggo e divento severo. In quarta qualcuno la abbandona e altri invece sono irreducibili. Alcuni la vogliono professionale, ricercano, sviluppano l’argomento».

I bambini imparano così, con naturalezza, a sviluppare una passione e un interesse venendo coinvolti, ad esempio, in racconti particolari. Rivela Massimo che «una volta abbiamo parlato dei codici miniati, di come dei monaci, di fatto, hanno trasmesso la cultura antica riportandola a noi grazie alla copiatura a mano (abbiamo visto le immagini nella L.I.M., in grande). Qualcuno ha ricopiato i codici e sono veramente molto belli. L’idea che i bambini avessero in bocca termini come onciale, italica, capitale romana mi è sembrato interessante». Ci sono stati anche altri progetti relativi al mondo della scrittura nella sua classe, come l’utilizzo di pennini giapponesi per dar vita ad una mostra di disegni attraverso l’inchiostro ad intinzione. Queste attività sono molto importanti in quanto attivano nei piccoli degli interessi che vanno oltre alla grande moda del momento: i videogiochi. Su questo argomento Massimo pensa che sia una sfida difficile «perché gli strumenti tecnologici sono molto succulenti. Bisogna metterci del nostro».

Ed infatti il suo lo sta mettendo di certo il maestro, che non si limita a regalare stilografiche, ma dona anche dei diari personali per ogni alunno: «Fin dalla prima elementare faccio tenere dei diari liberi su cui scrivono tantissimo. Sono belli, economici, e quando in classe abbiamo del tempo libero scrivono lì quello che gli frulla nella testa, in corsivo. Ne hanno tantissimi».

Ma questi scritti restano privati o vengono letti? «Ogni volta che terminano uno scritto, chiedo di poterlo leggere e sono loro a dovermi dare il permesso. Mi danno tre tipi di permesso: leggerlo a voce alta (se ritengo che ci sia un bel contenuto da condividere con tutti); il permesso di leggerlo solo io o l’opzione che non devo leggerlo». Ciò che è veramente confortante è sapere, dalle mamme, che i bambini sviluppano l’abitudine di scrivere anche a casa, nel privato, dove proiettano su carta i pensieri più intimi. Ciò li aiuta a tirare fuori le emozioni e anche a poterle condividere con qualcuno che si rivela interessato a loro. Da dove nasce l’idea del diario, non scolastico ma personale, a scuola? Massimo spiega che «nella programmazione si richiedono i “testi argomentativi”, i “testi scientifici”, i “testi narrativi”.

Il diario come forma intima e come rapporto con la scrittura per parlare di sé ed imparare così anche a parlare con gli altri è invece importante e molto veicolato dal corsivo. I miei alunni sono abituati a prenderlo e a scrivere, per loro è diventato un gesto spontaneo e a volte mi dicono che scrivono per sfogarsi. Le bambine naturalmente scrivono più dei maschi. Dopo l’estate mi arrivano dei diari strepitosi perché li arricchiscono di disegni e di fotografie, anche grazie all’aiuto dei genitori. Cose che si facevano quando io ero bambino». Sorge spontaneo capire se la passione del maestro per la scrittura sia nata dall’infanzia. «Ho i ricordi della scuola elementare. La maestra, in Terza, ci obbligò ad usare la stilografica che alle medie ho abbandonato perché finalmente ero libero. Poi, al liceo, ne ho avvertito la nostalgia e adesso non riesco a scrivere con la biro. Sono un grafomane, tengo diari, scrivo, scrivo… Mi piace questo rapporto con la carta. La passione per le stilografiche nasce proprio dal fatto che è un mondo incredibile. Mi piacciono soprattutto le carte francesi che resistono molto. Nel corso degli anni la carta che resiste all’inchiostro stilografico è stata abbandonata; adesso le carte lo assorbono e si spande, per cui bisogna stare attenti. Io faccio prendere dei quaderni ad hoc, ci vuole la conoscenza del supporto».

Massimo vorrebbe poter dar seguito a queste attività, la sua idea sarebbe quella di fare dei laboratori di scrittura amanuense, per far imparare i caratteri di una volta e provare a riprodurli. Qualunque sia il progetto che avrà in mente e che riuscirà a conseguire in futuro, possiamo stare certi che ne avremo le prove scritte! In bocca al lupo, maestro Massimo!

 

Irene Bertoglio è scrittrice, grafologa, rieducatrice della scrittura e perito grafico-giudiziario. Per anni ha gestito una struttura nell’ambito formativo ed educativo. Ha tenuto e tiene numerosi corsi di aggiornamento e innovativi progetti sperimentali nelle Scuole dell’Infanzia, Primaria e Secondaria, soprattutto di prevenzione della disgrafia e di orientamento scolastico e professionale. È autrice di diversi libri, tra cui, con lo psicoterapeuta Giuseppe Rescaldina: “Il corsivo encefalogramma dell’anima” (Ed. “La Memoria del Mondo”). È direttrice dell’Accademia di Scienze Psicografologiche con sede nel centro di Magenta, che organizza corsi e incontri di psicologia, grafologia, calligrafia e non solo è direttrice della collana editoriale Scripta Manent. L’autrice è contattabile all’indirizzo 

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