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Il gigante De Gaulle, la Francia e il 1968- di Stenio Solinas

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All’inizio degli anni Sessanta, la traversata del deserto cominciata dal generale Charles de Gaulle all’indomani della Seconda guerra mondiale, puรฒ politicamente definirsi conclusa.

L’oasi raggiunta si chiama Eliseo, la Quarta repubblica parlamentare ha ceduto il posto a una Quinta presidenziale di cui egli รจ il dominus, in virtรน di un’elezione a suffragio universale che svuota i partiti del loro potere di selezione e/o di interdizione.

รˆ, insomma, una vittoria su tutti i fronti, ma ciรฒ che alla fine di quel decennio gli resterร  in mano sono le dimissioni dalla carica, dopo un referendum amministrativo a cui ha orgogliosamente legato il proprio destino di leader; l’esilio volontario a Colombay, l’austera residenza di famiglia che sostituisce la dorata dimora di capo dello Stato; un testamento politico-letterario redatto dalla penna dell’intellettuale da lui piรน amato e a lui piรน fedele, Andrรฉ Malraux, che giร  nel titolo ne svela l’essenza: Les chรชnes qu’on abat, le querce che si abbattono…Come un albero secolare, l’ottantenne de Gaulle si schianta davanti a una nazione in cui il 50 per cento dei suoi abitanti ha meno di trent’anni. Teorico di ยซuna certa idea della Franciaยป, intessuta di miti e suggestioni, nonchรฉ di una sorta di perfezione immobile, di eternamente dato pur nello scorrere del tempo, si รจ reso improvvisamente conto che sotto quella quercia si รจ andato facendo il vuoto e anzi i francesi hanno preso in mano l’ascia. Il joli mai del’68 riassume una voglia di nuovo che l’anziano generale non รจ piรน in grado di soddisfare: puรฒ ancora reprimerla, ma non comprenderla. Morendo di lรฌ a due anni, lascerร  il capolavoro politico di un gollismo senza de Gaulle, ovvero di un sistema di governo funzionante per forza propria, indipendentemente da chi รจ in carica. Ma il ’68 รจ anche un parricidio simbolico. E proprio perchรฉ in seguito saranno in molti a pentirsi, il suo significato รจ ancora piรน grande.

Il ventenne parigino che in quel mese primaverile di contestazione sembra mettere in ginocchio l’intera nazione, appartiene alla prima generazione non segnata dalla Seconda guerra mondiale. รˆ nato che era giร  finita, รจ ancora un bambino quando, fra Indocina e Algeria, la Francia liquida il proprio passato di potenza coloniale. รˆ, se si vuole, il segnale che il dopoguerra รจ veramente alle spalle, e lo รจ dal punto di vista non solo politico o economico, ma mentale. L’esistenzialismo, il sartriano ยซl’inferno siamo noiยป, dove militanza e impegno tengono in scacco l’assurditร  del vivere, cede il passo a un’oggettivazione dell’esistenza in cui si guarda, ma non si prende parte, il nouveau roman per il quale lo stile non esiste, lo strutturalismo per il quale la letteratura รจ una scatola di montaggio con annesse istruzioni per luso.

C’รจ insomma una nouvelle vague, un’onda nuova nel Paese, che va a infrangersi contro i bastioni di un sistema in cui un futuro antiquato continua a esercitare il suo magistero illudendosi che, come in una gigantesca caserma, ognuno faccia il proprio dovere e, soprattutto, rispetti le gerarchie. Solo che sono anche gli anni in cui il meccanismo di selezione fra universitร  e mondo delle professioni va in tilt per colpa della demografia e di una societร  affluente. E sono anche gli anni in cui la V Repubblica di Charles De Gaulle fa dei cadres tecnico-umanisti, ingegneri, insegnati, funzionari, la propria struttura portante di cui L’ENA, L’Ecole Nationale d’Administration, rappresenta il vero e proprio gioiello della corona… Tecnologia, tecnocrazia, aggiornamento convivono insomma con una razionalizzazione agricolo-industriale che provoca inquietudini in chi ne paga il prezzo, con un malessere universitario in cui frustrazione, impotenza e voglia di rivolta vengono vieppiรน alimentate proprio perchรฉ non considerate.

Ancora un paio di elementi concorrono a fare di quel maggio un unicum, nello scuotere alle fondamenta il sistema gollista e il suo massimo rappresentante, e subito dopo nel rafforzarlo una volta che la ยซquerciaยป che lo incarna si รจ schiantata. Uno riguarda Parigi, il potere intellettuale di Parigi, il dominio culturale di Parigi, un qualcosa che fuori dalla Francia รจ incomprensibile, ma che al suo interno รจ un dato di fatto e un motivo di orgoglio. L’altro, ne abbiamo accennato all’inizio, รจ l’inconsistenza di ogni corpo intermedio, partiti, sindacati, parlamento, fra il Paese e il suo vertice, cosicchรฉ quando la crisi raggiungerร  l’acme e si muterร  in protesta generalizzata, dimostrazioni e scioperi, investirร  direttamente lo Stato nella figura del presidente.

In una frase di Raymond Aron, in un’invettiva di Ionesco, il Maggio francese avrร  il suo doppio epitaffio. ยซLa rivoluzione introvabileยป recita la prima, perchรฉ si tratta di uno psicodramma che trae alimento anche da quella componente utopica e libertaria che periodicamente riaffiora nella sua storia rispetto al centralismo statalista, ma priva di un vero progetto alternativo. ยซDiverrete tutti notaiยป รจ l’esclamazione del secondo, mentre gli studenti si danno alla guerriglia di strada.

Stenio Solinas (da www.ilgiornale.it)

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