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Il Cavalletto, romanzo breve di Ivan D’Agostini

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Mi viene in mente il vento di marzo e le foglie delle querce. Lรฌ nel bosco del Caselle e dintorni, crescono numerose roverelle, alcune riescono a raggiungere dimensioni ragguardevoli, se non vengono catturate dalla mano ( e dalla moto sega) dellโ€™uomo. Le querce hanno una particolaritร , le foglie non cadono tutte in autunno, anzi, quasi tutte diventano marroni e rosso cupo, un ruggine scuro scuro, e restano attaccate con quel picciolo, secco e duro, al ramo madre. Stanno lรฌ tutto lโ€™inverno, noncuranti del freddo, del gelo, della neve, delle nuvole umide che avvolgono quel mondo spesso tra lโ€™autunno e lโ€™inverno, a volte gelando sopra le cose (la galaverna), indifferenti ai passaggi degli sparuti scoiattoli in cerca di qualche raminga ghianda o delle cinciallegre che si attardano sui rami in cerca di sporadici semi.

 

 

 

 

 

 

 

 

Poi, senza che nessuno abbia fatto niente, allโ€™improvviso in una giornata di marzo, quando lโ€™aria inizia a muoversi, da destra a sinistra, da nord a sud e in ogni dove, spinte e sospinte da quel vento che soffia sempre piรน forte, sempre piรน forte, le foglie, secche e quasi trasparenti, si staccano, lasciano la base, abbandonano la casa che le ha tenute in grembo sino a quel momento, per lasciare in mostra la nuditร  della vita che reclama la sua presenza.

Solo allora si capisce che quelle lastre hanno protetto le future gemme e che le stesse hanno liberato la crisalide solo quando sarebbe stata lโ€™ora. Il vento di marzo: abile pulitore e liberatore della futura vita.

Quasi.

Anzi il mastro potatore, sommo giardiniere, progettista, paesaggista e visionario creatore di mirabili suggestioni (e se non ci credete provate a pensare alla variabilitร  metereologica di questo mese e alle novitร  che si mettono in campo in soli trentun giorni).

Allora, alla pari di quel vento, che a ogni stagione reclama il suo compito, ho pensato che ciclicamente, ci fosse la necessitร  di qualcosa di drastico, come la mannaia tagliente del boia, che taglia la testa dei prepotenti, dei sovrani poco inclini alle ragioni del popolo. Drammatica scelta, ma a volte necessaria decisione.

Il bosco รจ decimato, cento, mille, diecimila alberi si sono spezzati, frantumati, molti caduti e destinati alla morte. Una sorta di pulizia (mi auguro non etnica), che farร  sopravvivere i piรน forti. Eโ€™ la legge della natura, quella legge che sovrana regola la vita (quella di tutti e anche di noi formichine) e detta le sue, per noi a volte atroci, condizioni.

La natura conosce lโ€™equilibrio e lโ€™orologio della vita.

Certo che di cose ne vengono in mente guardando lโ€™essenzialitร  degli accadimenti, natura e semplicitร , dove in una semplice foglia convive il complesso e il complicato.

Ma ora, anzi fra poco, dovrรฒ capire come โ€œriordinareโ€ il trambusto.

Anche qui non posso fare a meno di fare alcuni paragoni.

Il primo che mi viene in mente รจ quello tra il giardino allโ€™italiana e quello allโ€™inglese. Pper farla breve e alla spicciola, noi, italiani, siamo piรน domestici, tendiamo (strano ma vero) a riordinare il tutto[1]: aiuole cintate di file di sassolini, siepi di bosso basso e steso a forme geometriche, una sinfonia di disegni che dipingono il verde secondo un progetto che si rifร  alle necessitร  di una grafia specifica. Al contrario il giardino allโ€™inglese รจ la trasposizione della casualitร  della natura. Niente di specificatamente pettinato, ma un clone della natura, magari anche controllato ma senza geometrie regolari, dove sono assenti le simmetrie.

Perchรฉ vi ho detto questo? Perchรฉ ho sentito lโ€™esigenza di specificare questa nota. Ma diamine, perchรฉ al Caselle, sin dal millesettecento, anno piรน, anno meno, รจ arrivato lโ€™uomo: avamposti pastorizi, forse soldati di ventura che, abbandonata lโ€™armatura si sono ritirati a vita tranquilla, e lรฌ hanno iniziato a gestire il luogo. Sono diventati da cacciatori-raccoglitori quali erano, agricoltori e coltivatori.

[1] Siamo da sempre alla ricerca di unโ€™armonia geometrica, compositiva, stimolante per il corpo e per la mente, frutto di una costante e peregrina rielaborazione.

Ivan D’Agostini

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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