MAGENTA –ย Con โIl filo nascostoโ, film da poco uscito nelle sale italiane, Anderson firma, a mio parere, una delle opere migliori degli ultimi venti anni e si conferma come uno dei migliori registi in circolazione e autore nel senso piรน profondo del termine (oltre che la regia, ha firmato il soggetto, la sceneggiatura e ha messo pure mano alla fotografia).
Si รจ detto molto di questo film e molto si dirร , a partire dallโinterpretazione di Daniel Day-Lewis, straordinario nel far vivere in sรฉ quelle trame nascoste e quei sottotesti che sono la ricchezza contenutistica del film. Quel che qui mi interessa analizzare รจ una scena in cui i due protagonisti, il sarto famoso e la sua musa, si confrontano su posizioni diverse. Il regista chiude la scena presentando lโuomo, vero dominus (apparente) di tutta la storia in primo piano mentre la donna รจ collocata sullo sfondo dellโinquadratura, quindi in secondo piano. Ma mentre la donna รจ in piena luce il volto dellโuomo รจ sfuocato. Il senso del film sta tutto in quel primo piano sfuocato che segnala il vero punto di crisi dellโuomo e della cultura maschile: il fatto che รจ proprio il continuo bisogno di protagonismo che sfuoca lโuomo, che lo diminuisce. La crisi della cultura maschile sta proprio qui, nel non riconoscere mai di avere bisogno, in particolare della donna. Anderson su questo punto non fa sconti e nel finale, a sorpresa, marca la linea di confine tra la pienezza e lโirrisolto e la colloca nel riconoscimento, da parte dellโuomo, di avere bisogno dellโaltro, della donna.
Nel tempo della tendenza alla totale autonomia dagli altri, Anderson va controcorrente e propone una riflessione sul bisogno come elemento di forza e non come limite da superare e si propone come uno dei grandi pensatori del nostro tempo, in grado di sviluppare in tutto il suo spessore il versante filosofico del cinema.
Marco Invernizzi