I Romeo e Giulietta bolognesi. A cura di Luciana Benotto

La loro storia si colloca sullo sfondo di una Bologna medievale scossa dalle lotte tra guelfi e ghibellini: lei della famiglia ghibellina dei Lambertazzi, come quella di Giulietta, e lui di quella guelfa dei Gieremei, come quella di Romeo.

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Da che mondo è mondo l’amore ha superato tutte le barriere, anzi, gli ostacoli sono sempre serviti a legare ancor più saldamente gli amanti. La coppia più famosa è quella dei veronesi Romeo e Giulietta, nati dalla penna del novelliere Matteo Bandello, la cui vicenda è stata poi riproposta con maggior successo da Shakespeare; ma poiché questi amori fanno parte anche del mondo reale, così come quello di Paolo e Francesca immortalato da Dante nella sua Commedia, non si può dimenticare che anche il grande Ludovico Ariosto, dopo anni di patemi d’animo, riuscì a sposare Alessandra Benucci, ma in segreto, perché avrebbe dovuto rinunciare ai benefici derivanti dalla carica ecclesiastica.

Insomma, gli amori avversati dalla società sono e sono stati quelli più saldi e passionali. Tornando in ambito letterario, la domanda è: chi non conosce le vicende di Piramo e Tisbe, Orfeo ed Euridice, Lancillotto e Ginevra, Tristano e Isotta, Ugo e Parisina? Tanto per fare qualche esempio, ma quanti però conoscono la tragica vicenda di Imelda e Bonifacio?

La loro storia si colloca sullo sfondo di una Bologna medievale scossa dalle lotte tra guelfi e ghibellini: lei della famiglia ghibellina dei Lambertazzi, come quella di Giulietta, e lui di quella guelfa dei Gieremei, come quella di Romeo.

Il dipinto in copertina, realizzato dal pittore di genere storico Cesare Mussini nel 1844, collocato nella pinacoteca civica di Como, racconta questo fatto, forse tratto da un’antica cronaca, e narrato nel 1825 da Gabriele Sperduti nella sua tragedia che intitolò, per l’appunto Imelda, e che cinque anni dopo venne musicata da Gaetano Donizzetti in un’opera lirica in due atti.

Nel grande dipinto, incorniciati da pesanti tendaggi sorretti da colonne lignee, stanno i due protagonisti, dietro i quali sullo sfondo si vede un trittico con l’immagine della Madonna col Bambino copiata da un dipinto del Beato Angelico, che fa tanto medioevo, mentre in primo piano a sinistra i fratelli di lei li spiano.

Ma vediamo di cosa parla quell’antica vicenda.
I bolognesi, stanchi delle scaramucce e delle zuffe dei Lambertazzi e dei Gieremei che insanguinavano da troppo tempo la città, desiderando la pace, si rivolsero al pretore Orlando, padre di Imelda; ma costui, appoggiato da Lamberto, uno dei figli, contrariamente al desiderio dei suoi concittadini, non intende porre fine alle ostilità, e il motivo è che cerca vendetta, perché il padre di Bonifacio si era reso colpevole della morte della sua amata moglie.

Il povero Bonifacio, innamorato perso, in cerca di una soluzione che ponga fine alla faida, chiede di sposare Imelda, ma la sua proposta suscita non solo sdegno nella famiglia ghibellina, ma viene addirittura vista come una provocazione che infiamma nuovamente gli animi.

Lamberto, per scoprire se la sorella è solo una pedina nel gioco della tregua, oppure se Imelda è anch’ella innamorata del giovane guelfo, le dice di averlo ucciso per vedere la sua reazione. Visto l’immenso dolore della sorella, le svela poi l’inganno, minacciandola però di lasciare il giovane se non vuole metterlo in pericolo di vita. Saputo ciò, Bonifacio scrive una lettera alla sua donna in cui la invita a fuggire con lui. Egli la raggiungerà ad una cert’ora nel giardino della sua villa. La lettera però viene letta anche dal padre di lei e da Lamberto, il quale si reca all’appuntamento dei due, e una volta, là ferisce a tradimento Bonifacio con un pugnale avvelenato. Il veleno fa il suo effetto nonostante Imelda cerchi di succhiarlo dalla ferita, ma quando lei vede che non c’è più nulla da fare, si abbandona avvelenata anch’essa, sul corpo dell’amato morente, invocando invano il perdono di suo padre; intanto, il ferino Lamberto, poiché in quel momento in città è ripresa violenta la guerra tra le fazioni, che vede cadere sul terreno molti guelfi, corre ad uccidere il padre di Bonifacio. Ché la vendetta sia sino in fondo.

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A cura di Luciana Benotto

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