A noi di Ticino Notizie piace la bella scrittura. Piace assai. Crediamo fortemente nella qualitร . E per questa ragione, dopo avergli fatto la corte, siamo orgogliosi di poter annunciare che Teo Parini รจ salito sulla nostra barca. Chi รจ Teo Parini? Ve lo spieghiamo nella sua (auto)descrizione. Vi diciamo solo che Teo sa scrivere. Di sport, ma non solo. Leggetelo, ne vale la pena. Il titolo della rubrica รจ liberamente ispirato a una vecchia canzone di Luciano Ligabue, I duri hanno due cuori.ย
“I duri hanno due cuori/
col cuore buono amano un po’ di piรน
I duri hanno due cuori/
col cuore guasto/
odiano sempre un po’ di piรน”
Come i campioni.. Buona lettura
CHI E’ TEO PARINI
Valtellinese di nascita, magentino per dinastia, milanese di formazione. Quarantโanni compiuti, spesi con rinnovato entusiasmo e curiositร crescente a imparare qualcosa, inseguendo spesso virtualmente una pallina da tennis e divorando musica punk. Squattrinato e inguaribile routard, viaggio il piรน possibile, meglio se in solitaria e con un libro in mano. Ingegnere civile piรน per contingenza che convinzione, nel quotidiano spicciolo sbarco il lunario in ferrovia, dopo un trascorso di alterne fortune dedicato alla libera professione e allโinsegnamento. Piรน di recente, invece, un Master in comunicazione, perchรฉ non รจ mai troppo tardi per assottigliare qualche inevitabile lacuna adolescenziale. Giornalista pubblicista con un centinaio di pezzi alle spalle, racconto per diletto e con frequenza rigorosamente casuale un mondo, quello dello sport, che senza prendersi troppo sul serio esemplifica lโalternanza sinusoidale di gioie e dolori delle nostre vite e pertanto merita un doveroso tributo. Visceralmente innamorato degli scritti di Mura e Clerici, ineguagliabili maestri, della prosa di Joe Strummer e del rovescio giocato a una mano, considero lโopportunitร di fare informazione indipendente una fortuna sfacciata. Su Twitter sono @TeoParini.
DON ALEJANDRO, UOMO SENZA TEMPO
Per sempre sono solo diamanti e campioni. In senso lato, la stessa identica cosa.
Alejandro Valverde Belmonte – trentottenne di Las Lumbreras de Monteagudo, Spagna sud-orientale – puรฒ vantare, con la genuina modestia che geneticamente lo contraddistingue, un’infinitร di qualitร umane e sportive tutte insieme, difficilmente ascrivibili a uno stesso professionista. Ciclista ovviamente, e piรน in generale uomo di sport a trecentosessanta gradi, tifosi e colleghi di lavoro giovani e meno giovani si rivolgono a lui, tra ammirazione e riverenza, con il titolo diย Embatido e non รจ certo difficile comprenderne la ragione: quando fissa il target vince (quasi) sempre lui. Schivo con garbo e poco incline all’autocelebrazione, c’รจ da scommettere che un’etichetta cosรฌ gratificante – per chi ha speso con passione e abnegazione un cospicuo scampolo di vita inseguendo l’eccellenza – a distanza di anni ancora lo faccia arrossire, quasi fosse incredulo dinanzi a un simile credito planetario. Che, en passant, gli si cuce addosso come un abito da sartoria. Merito della semplicitร d’animo di chi ha nella struttura qualcosa in piรน della concorrenza. Umiltร il mantra, il resto vien da sรฉ.
E mentre il caleidoscopico mondo del pedale a ogni hurrร del murciano si interroga su quale posizione di merito all’interno di una virtuale hall of fame ciclistica potrร assumere un giorno, quello del ritiro, che si spera essere il piรน lontano possibile, Valverde, tanto per non sbagliare, continua imperterrito a mettere la ruota della sua bicicletta davanti a quella di tutti. In barba alle primavere che, non curanti del blasone, si accumulano alle sue spalle. Routine senza soluzione di continuitร , e senza noia, che si ripete con cadenza annuale da almeno tre lustri. Una carriera, la sua, pressochรฉ asintotica all’infinito e lunga ben 122 successi, incisiva al punto da attraversare senza colpo ferire tre generazioni di campioni o aspiranti tali e che esemplifica al meglio il dogma che fonde in simbiosi il talento sopraffino, il lavoro quotidiano e il successo. Di un predestinato. Per rendere l’idea della portata del personaggio, soprattutto per gli amanti dei numeri, la sala dei trofei di casa Valverde consta, tra l’altro, di quattro Liegi-Bastogne-Liegi, cinque Freccia Vallone (un record assoluto), due Classica di San Sebastian, una Vuelta di Spagna e sedici tappe complessive nei tre grandi giri dove, per non farsi mancare nulla, ha collezionato il podio finale in almeno unโoccasione. Campione di una competenza ciclistica per certi versi unica e uomo spendibile per tutte le stagioni – Valverde รจ notoriamente competitivo dalle classiche di primavera alle foglie morte dโautunno, passando per la canicola estiva e i platani della Grande Boucle – a causa di una serie di situazioni poco favorevoli non poteva esibire, almeno fino a ora, quel titolo cosรฌ ambito di campione del mondo inspiegabilmente sfiorato a piรน riprese. Una ludica maledizione.
Come spesso accade, tuttavia, รจ lo sport a essere il miglior sceneggiatore di sรฉ stesso. E a rimettere le cose in ordine, verrebbe quasi da dire. Nello specifico, a contribuire alla riuscita del film d’autore che ogni appassionato avrebbe voluto vivere รจ stata la cittร di Innsbruck, Austria occidentale, capace di proporre allโattenzione del ciclismo un circuito iridato di una abbacinante bellezza tecnica, una tela bianca sulla quale imprimere un pezzettino di storia imperitura delle due ruote. Su un percorso di una durezza altimetrica asfissiante lungo quasi 260 chilometri con pendenze che hanno costretto a zigzagare per non cadere i corridori meno virtuosi, il cannibale contemporaneo Alejandro – con buona pace di Eddy Merckx che invece cannibale fu – non si รจ fatto scappare l’occasione ghiotta, forse l’ultima, per andare a bersaglio in un mondiale non qualsiasi, disegnato appositamente per essere domato da un fuoriclasse assoluto. La cronaca di un appagante pomeriggio di sport meriterebbe per rispetto delle fatiche di tutti un ampio spazio, menzione al nostro Moscon, il campioncino che certamente si farร , inclusa. Stringendo perรฒ lโobiettivo sul vincitore, invisibile e attendista in pianura, resiliente in salita, devastante in volata: gioco, partita e incontro e lacuna curriculare colmata con gli interessi. Un sollievo storico.
Le lacrime di commozione di un Valverde stralunato almeno quanto felice, allโatto di tagliare il traguardo con una bicicletta e piรน di vantaggio sul coriaceo Bardet, sono anche le nostre, quelle di spettatori romantici il giusto e sensibili fruitori delle storie a lieto fine che lโuniverso del ciclismo da sempre รจ abile a raccontare. Si chiude dunque un cerchio. Valverde, magnifico rettore allโuniversitร della tattica, anche in questa circostanza, che a posteriori potrebbe apparire scontata ma per definizione di sport non lo puรฒ essere, ci ha insegnato qualcosa di nuovo e lo ha fatto alla sua maniera, con lucida semplicitร scevra da fronzoli. Sulla lavagna รจ dunque impressa con il gesso la prima, ma non ultima, legge di Valverde: esperienza piรน scaltrezza uguale forza.
Prendiamo nota, Don Alejandro. E grazie di tutto.