ABBIATEGRASSO/MOTTA VISCONTI – Il Giro D’italia partirà oggi da Abbiategrasso per inerpicarsi in quella 18° Tappa verso Prato Nevoso. Il ricordo corre a un ciclista “figlio” del Ticino ed al Velo Club Abbiategrasso dove stacca la licenza da indipendente: Giuseppe Buratti (Motta Visconti, 3 novembre 1929 – Motta Visconti, 26 maggio 2008).
Come narra la pagina a lui dedicata dal Museo del Ciclismo” . Non ha una vita facile; la guerra e gli stenti del dopoguerra sono un duro banco di prova per un ragazzino. Lo chiamano “Giusepìn” oppure “Buratìn”, con un diminutivo che potrebbe nascondere un doppio significato. Il secondo significato non c’è proprio, anzi … Il diminutivo è unicamente dovuto al fisico minuto e asciutto del ragazzo. Intanto, il Buratìn si fa i muscoli andando a cavar ghiaia col padre nel Ticino. Una vitaccia”
“Un tempo l’azzurr’onda sfiorava con fruscio i bianchi
sassi e arsi, cotti dal sole Giovanni e i suoi fratelli
lunghi forconi agitavan svelti nell’acqua dai barcè
e i levigati ciottoli, frammenti di grezzi massi
nel fiume a monte rotolati e poi rotti e spezzati
da salti e lavorio dell’acque e trascinati
per tempi e per stagioni sconosciute,
l’affannosa e sobbalzante corsa qui finivan
fermati, imprigionati da rebbi rugginosi;
poi da fatica aggiunta e a forza aggiunti
a guisa di bianchi su un ampio slargo monticelli
portati infine in fornaci ardenti e vetrerie
davano pane a Giovanni e ai sassaioli
tramite forma e vita di familiari oggetti:
vita dura e faticosa con dignità vissuta”.
Quando sfida qualche amico in bicicletta non sente nemmeno la catena. Cavar ghiaia è assai peggio! I compaesani lo spingono a correre e, forse, lo aiutano anche economicamente. Fin dalle prime corse si accorge di andare forte in salita e sposta il suo campo di allenamento sulle colline dell’Oltrepò oltre all’abituale salita della costa di Motta Visconti percorsa più volte al giorno nel suo lavoro di sassaiolo “cava sass”.
Di tale costa questi i miei ricordi:
S’ergeva maestoso quel secolar,
d’autunnal doni nascosti generoso,
il vecchio castagno là sul curva
che alla ripida discesa poi portava
ad abbracciar laggiù con l’occhio
l’azzurro fiume il mio “canal”, il mio
Ticino: strada ripida sterrata polverosa
,ciotoli bianchi a farla da padroni,
che in salita presa a me ai compagni
portava, fatta in bici, a lieta fantasia
d’epiche nostre imprese e sogni
i nostri quali il momento poi dettava
Pordoi Falzarego Stelvio Tourmalet
Aspin Aubisque Ventoux Izoard Vars
e noi in veste di campioni Bartali
Coppi Bobet Robic Kubler Koblet
Gaul Bahamontes Buratti “giusipin”
immagini sogni memorie cancellati
da una grossa scure e da un manto di catrame
Come detto nel 1953 stacca la licenza da indipendente per il Velo Club Abbiategrasso e Pierino Bertolazzo, esperto direttore sportivo della Frejus, lo porta con sé già prima della Sanremo. Bertolazzo, che ha alle sue dipendenze due ottimi corridori come Angelo Conterno, il futuro “Penna bianca”, e l’elegante Agostino Coletto, vuole un corridore capace di fare il diavolo a quattro in salita. E così il Buratìn, con addosso la maglia grigiorossa della Frejus, parte per il suo primo Giro d’Italia
Poche per vero le vittorie: nel 1954 ottenne la vittoria del Giro delle Alpi Apuane valido come seconda prova della Trofeo dell’U.V.I. mentre nel 1955 concluse la Vuelta a España all’ottavo posto (migliore degli italiani) aggiudicandosi anche la classifica scalatori. Nel 1956 chiuse al terzo posto il Giro dell’Appennino stabilendo il record sulla scalata della Bocchetta (25’00”), ma in salita non teme nessuno “Il Truba della bassa” come lo definì il grande giornalista della Rosea Rino Negri tanto da poter dare del tu nell’ascese a mostri sacri quali Coppi, Gaul e Bahamontes.
Giuseppe Gianpaolo Casarini
(Giuseppe Buratti in alcune foto d’epoca tratte dalla Gazzetta dello Sport e dal sito del Ciclismo)