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Genocidio

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ll termine, la parola genocidio viene coniata nel 1944 dal professore Raphael Lemkin (1900-1959) giurista polacco, per esprimere, in sintesi, quanto stava accadendo nel teatro orientale europeo ad opera del regime nazionalsocialista. Il neologismo, comunque, implica, a differenza dei massacri avvenuti nel passato, lโ€™espressa, cosciente volontร  di estirpare, in modo radicale, una etnia specifica. Per questo motivo il genocidio ebraico rappresenta una unicitร  assolutaย nella storia del mondo. Non era mai accaduto prima nรฉ, va detto, sarebbe accaduto poi con la medesima metodica. Al genocidio partecipรฒ attivamente la cultura di un intero popolo: medici, biologi, chimici, ingegneri, architetti, giuristi, giornalisti, scrittori. La soppressione di milioni di uomini non fu avvenimento episodico, quale un massacro o, in misura minore un pogrom. Avvenne con il concorso diretto della scienza e della comunicazione. In questo, e per questo, lo sterminio rappresenta una unicitร . Ora la giornata della memoria, che viene celebrata, andrebbe contestualizzata nella sua specificitร  e, soprattutto, di lร  dalle buone intenzioni espressa dai retori dโ€™occasione, essa propone, sempre a mio avviso, una domanda: โ€œTu, come ti saresti comportato?โ€, essa, la memoria, chiede, nellโ€™attualitร , ogni memoria si ripresenta nellโ€™attuale e ripropone il passato dentro il presente, chiede, domanda, al singolo soggetto come si comporterebbe. Non chiede di condannare, questo esercizio lo si lascia alla retorica di occasione, insolente e superficiale; chiede di condividere unโ€™esperienza e di rispondere, a sรฉ stessi, con la sinceritร  del silenzio interiore. Qual silenzio nel quale si รจ davanti a Dio, muto ma in ascolto. Ritengo si possa dire sia una bella domanda. Tu cosa avresti fatto?


E la domanda non chiede di rispondere pubblicamente, quasi in una catarsi assolutoria. Chiede di rispondere sul palcoscenico del silenzio interiore: la coscienza. Per tentare una risposta interiore occorre una bibliografia minima:
Lion Feuchtwanger scrive: โ€œI fratelli Oppermannโ€, scritto nel 1933 e pubblicato in italiano da Skira. Presa diretta sullโ€™avvento del nazismo al potere, avvento democratico. Hans Fallada: โ€œOgnuno muore soloโ€, 1946, Sellerio. Ecco, di lร  dalle magniloquenti retoriche di queste giornate, dopo aver letto questi due libri, in cui la narrazione si fonda sullโ€™esperienza della realtร , la risposta non sarร  banalmente immediata. (A mio avviso).

E.T.

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