Un nuovo capitolo si apre nell’inchiesta riattivata sul delitto di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007. La genetista Denise Albani e gli esperti dattiloscopisti Domenico Marchegiani e Giovanni Di Censo hanno depositato la loro attesa relazione alla giudice Garlaschelli, che ha notificato alle parti l’avviso di deposito: il documento sarà consultabile, salvo imprevisti, nella mattinata di domani a causa della chiusura della cancelleria.
Si tratta dell’esito del lungo lavoro iniziato lo scorso giugno alla presenza dei consulenti delle diverse parti in causa: per la procura di Pavia i pm Carlo Previderè e Pierangela Grignani; per la difesa di Andrea Sempio prima Luciano Garofano, poi i subentrati Armando Palmegiani e Marina Baldi, esperta di dattiloscopia. La famiglia Poggi si affida a Marzio Capra, Dario Redaelli e Calogero Biondi, mentre il condannato in via definitiva a 16 anni, Alberto Stasi, è rappresentato dai consulenti Ugo Ricci e Oscar Ghizzoni.
Il 18 dicembre il confronto in aula
Gli esiti della perizia saranno illustrati in udienza il 18 dicembre, data in cui si prevede un confronto tecnico molto serrato fra gli esperti. Secondo quanto trapelato, le nuove analisi su impronte e reperti della scena del crimine – come il sacchetto della spazzatura, la confezione di cereali e il vasetto di Fruttolo – non avrebbero modificato significativamente il quadro delineato nei precedenti procedimenti a carico di Stasi.
A essere invece al centro del dibattito saranno le tracce genetiche rilevate dalle unghie della vittima.
La “piena concordanza” indicata da Albani
La genetista Denise Albani, nei giorni scorsi, aveva anticipato ai consulenti delle parti un elemento destinato a far discutere: dai dati elaborati, sarebbe emersa una “piena concordanza” tra l’aplotipo Y rilevato nel 2007 su due margini ungueali di Chiara Poggi e la linea paterna del profilo genetico di Andrea Sempio, indagato nell’attuale procedimento.
Il confronto sarebbe stato effettuato su una banca dati di oltre 39.150 aplotipi provenienti dall’Europa occidentale.
La precedente perizia De Stefano diceva altro
Un risultato che si discosta in modo rilevante dall’unica perizia finora disponibile sul punto: quella del professor Francesco De Stefano, svolta durante il processo d’appello bis a Stasi. In quell’occasione l’esperto aveva sottolineato che il DNA maschile rinvenuto era degradato, potenzialmente contaminato e non idoneo a sostenere un’identificazione positiva. De Stefano aggiungeva inoltre che non si poteva escludere la presenza di tracce attribuibili allo stesso Stasi.
Verso nuove valutazioni
Le conclusioni della relazione Albani, ora depositata, saranno oggetto delle repliche in aula. Al centro del confronto:
il valore scientifico del dato genetico rilevato,
la natura delle tracce (miste, incomplete, non consolidate),
e il loro possibile peso probatorio.
La procura e i consulenti della difesa di Stasi ritengono queste tracce una conferma della responsabilità dell’attuale indagato. I pm, sulla base dell’esito della perizia, dovrebbero comunque chiedere il rinvio a giudizio.
Un nuovo passaggio decisivo, dunque, in un caso che da oltre 17 anni continua a riempire le cronache giudiziarie e a dividere esperti e opinione pubblica.



















