RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO- Egregio Direttore, prenda un ragazzo cresciuto negli anni Ottanta, con sogni grandi e divinità laiche.
Tanta voglia di divertirsi, di fare festa, di vivere con leggerezza.
Abiti griffati, bottiglie nel secchiello di ghiaccio, notti che sembravano non finire mai.
Oggi siamo uomini, e ad uno a uno salutiamo i nostri idoli.
Lui era uno di loro — anzi, qualcosa di più.
Non era un super big, certo, ma Mauro Di Francesco era la nostra figura che cercava ombra sotto l’albero della vita.
Era la spensieratezza fatta persona, il simbolo di un decennio che resterà per sempre esempio e sfida.
Continuò anche negli anni Novanta, sempre con quella leggerezza e quella finezza di chi avrebbe potuto fare tutto, ma scelse invece di divertire e divertirsi, come uno di noi.
La sua spalla perfetta era cercata da tutti, e quando passava al ruolo da protagonista lo faceva con un sorriso autentico, senza mai prendersi troppo sul serio.
I suoi personaggi, eternamente in cerca di un signore ricco o di un sogno forte come l’amore, erano in fondo la nostra vita.
Non eravamo vuoti.
Non eravamo stupidi.
Non eravamo senza coscienza.
Volevamo solo prendere la vita senza osso, come fosse un biscotto al cioccolato.
Oggi, in questi anni così frenetici e veloci, dove l’ironia è diventata una bestemmia laica, ci manca quella leggerezza.
La nostra autoironia, merce rara ormai, era la nostra forza.
Non ci piaceva litigare, e forse per questo sembravamo frivoli o sempliciotti.
Ma eravamo una gioventù leggera, che non pesava sugli altri.
Materiali? Forse. Superficiali? A tratti. Ma allegri e reali.
Non dovevamo essere troppo freddi né troppo caldi.
Erano anni semplici e complessi, dove bastava non essere se stessi per sentirsi parte di qualcosa.
Finti, falsi, convessi o fessi: poco importava.
Eravamo come Mauro — eterni ragazzi alla caccia di ragazze, divertimenti, e sogni semplici.
Guidavamo macchine non nostre, solo per fare i “pavoni”.
Mauro ha fatto la cosa più bella che si possa fare:
ha fatto ridere una generazione che voleva ridere insieme, non “di” qualcuno, ma “con” qualcuno.
Ciao Mauro.
È stato un onore avere avuto la tua conoscenza, anche solo da lontano.
Con te non se ne va solo un uomo, ma la nostra spensieratezza.
Anni mitici, gli anni Ottanta.
Tanta voglia di ridere di gusto, ancora oggi, come allora.
Ora sarai lassù, a cercare nuovi soci in paradiso…
E a far ridere anche loro“.
A cura di Max Moletti






















