RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO – “Egregio Direttore, Era il 1997: già allora un fiume di parole scorreva ovunque. Internet stava nascendo e la Prima Repubblica aveva lasciato spazio alla Seconda.
Nessuno avrebbe mai immaginato la vittoria dei Jalisse: moderni Al Bano e Romina, forse una loro versione anni ’90. Ma quella loro vittoria non si sarebbe più ripetuta.
Un Titanic: un solo viaggio, e poi il naufragio nel silenzio.
Non voglio dire che, in questi ventinove anni, abbiamo assistito a cantanti improponibili, a canzoni indecenti, a performance da mani nei capelli… Non voglio dire che bastasse la costanza per meritare almeno una nuova partecipazione.
Eppure, fino alla fine, continueranno a combattere — come un moderno Moby Dick. Ma forse è una tipica prescrizione italiana: mettere qualcuno al bando, inserirlo in una sorta di libro nero.
Perché?
Quale reato hanno commesso questi due artisti? Perché non hanno mai più avuto la possibilità di calcare il palco dell’Ariston?
Troppo anziani? Non direi: altri, anche più vecchi, si sono esibiti con bastone e badante al seguito.
Reati connessi? Non mi risulta. Non iscritti al partito giusto? Non credo che per cantare al Festival serva una tessera politica.
Forse pagano il fatto di aver vinto “a sorpresa” il concorso canoro più famoso d’Italia. Non mi pare, però, che siano andati con la pistola a convincere la giuria!
Mi chiedo perché, in un Paese dove tutto si dimentica in fretta, in certi casi non si riesca a chiudere un occhio. Non sanno cantare? Beh, il mondo è pieno di cantanti stonati. Hanno canzoni brutte? A Sanremo ne sono passate di terrificanti. Non si vestono bene? Di look da barboni se ne sono visti parecchi.
La costanza con cui i Jalisse si ripresentano alle selezioni è ammirevole, mentre è davvero patetico e incomprensibile il rifiuto sistematico della commissione.
Io, al loro posto, non avrei avuto tutta questa forza: avrei snobbato la manifestazione con dignitosa indifferenza, in nome di un amore non corrisposto.
Un applauso, dunque, al duo che — in un Paese così provinciale, autoreferenziale e a senso unico —
continua a sperare nel proprio momento.
Spero che, prima che sia troppo tardi, possano tornare. Ma in un Paese dove si dichiara di smettere e poi si festeggia il “traguardo di carriera”, mi permetto un consiglio:
dichiarate di ritirarvi! Magari vi inviteranno… solo per farvi un dispetto.
In un Paese sempre più capriccioso, umorale, che ha bisogno ogni giorno di un nuovo bersaglio per il proprio scherno”.
Max Moletti





















