Il filosofo Andrea Tagliapietra, riferendosi alla nota espressione di Nietzsche, “Rimante fedeli alla terra!”, ci ricorda come in greco terra si dica ghé, un invito, in fondo, a rimanere fedeli al ghélos, cioè al riso.
La fedeltà alla terra, quindi alla vita, richiede la capacità di sorridere: un riso spontaneo, che nasce nel profondo e di esso si alimenta, senza implodere nel pessimismo a oltranza, nella cupa rassegnazione o, al contrario, in un improduttivo, banale alternarsi di efficientismo serioso e meccanico divertimento.
La greve cartografia terrestre richiede leggerezza, un sorriso con cui illuminare la nostra finitudine e, nel contempo, permettere alla vita di fluire nelle sue possibilità, anche nell’ora più oscura:
“Toglimi il pane, se vuoi,
toglimi l’aria, ma
non togliermi il tuo sorriso.
Non togliermi la rosa,
la lancia che sgrani,
l’acqua che d’improvviso
scoppia nella tua gioia,
la repentina onda
d’argento che ti nasce.
Dura è la mia lotta e torno
con gli occhi stanchi,
a volte, d’aver visto
la terra che non cambia,
ma entrando il tuo sorriso
sale al cielo cercandomi
ed apre per me tutte
le porte della vita.
Amor mio, nell’ora
più oscura sgrana
il tuo sorriso, e se d’improvviso
vedi che il mio sangue macchia
le pietre della strada,
ridi, perché il tuo riso
sarà per le mie mani
come una spada fresca”.
(Pablo Neruda)
L’arte del sorriso, pregna di seria leggerezza, necessità della solitudine, che non è l’isolamento, semmai è un prendere tempo per sé, un sospendere il giudizio e l’azione per fare riposare le idee, restituire loro vigoria e freschezza.
Soprattutto, per farsi una sana, robusta risata su quanti pretendono di conoscere tutto, risolvere tutto, prevedere tutto.
Ecco, la solitudine è il riso degli spiriti liberi contro i falsi profeti della vita.
Con i versi della grande poetessa polacca Wislawa: Szymborska.
Tutto –
una parola sfrontata e gonfia di boria.
Andrebbe scritta fra virgolette.
Finge di non tralasciare nulla,
di concentrare, includere, contenere e avere.
E invece è soltanto
un brandello di bufera.
Il riso, allora, è leggerezza dell’anima, congedo dalla pesantezza del mondo, distacco lieve dalla realtà per intravvedere paesaggi alternativi, non per rinnegare questa realtà di carne e di sangue cui apparteniamo, semmai per restarne fedeli, restare fedeli alla vita, con serietà, non con seriosità, con leggerezza, non con quel continuo affanno che finisce per farcela odiare.
Fedele è colui che osserva con lealtà i patti, le promesse: fedele alla vita è colui che ha, appunto, fede nelle sue promesse.
Le promesse della vita, come vuole la sua natura, non sono quelle del sacrificio, ancor meno le logiche di morte, ma di potenziamento, di fioritura della nostra vocazione, delle nostre capacità che siamo chiamati a testimoniare.
Sovente scambiamo i naturali ostacoli che si frappongono alla nostra realizzazione o alla nostra serenità con l’impotenza o la cupa rassegnazione, leggiamo la sofferenza anche là ove si manifestano semplici, spontanee fluttuazioni del mondo.
Ecco, allora, che un buon sorriso ci permette di dare alla vita il suo colore naturale, e soprattutto ci invita ad esserne fedeli.
Fabio Gabrielli
Prossima lettera G come Gratitudine
PICCOLA BIBLIOTECA DELL’ANIMA
Tagliapietra, Non ci resta che ridere, Il Mulino, Bologna 2013.
Un agile volumetto sul riso, sulla sua leggerezza, sulla sua spontanea capacità di farci intravedere mondi alternativi rispetto a quelli che ci vengono imposti, il modo più naturale per sollevarci sopra la pesantezza della realtà.
Floriana Irtelli