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Evaso da Pero killer dell’ndrangheta, la rabbia del sindacato di Polizia

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PERO  Massimiliano Sestito, l’uomo evaso a Pero   è considerato un pericoloso killer della ‘ndrangheta responsabile di due omicidi. Il 52enne,  condannato a 30 anni per aver ucciso l’appuntato dei carabinieri Renato Lio,  il 20 agosto 1991 durante un posto di blocco a Soverato, in provincia di Catanzaro, era in attesa di una sentenza della Cassazione per un altro omicidio, quello del boss Vincenzo Femia, esponente di spicco nel panorama criminale della Capitale, ucciso da un commando il 24 gennaio in località Castel di Leva, all’estrema periferia di Roma.
Per questo fatto Sestito era finito a processo. Condannato in primo grado all’ergastolo, era stato assolto nel 2019 dalla Corte d’appello di Roma. Era stato scarcerato dal penitenziario di Terni e sottoposto dal 12 gennaio ai domiciliari in attesa del verdetto della Cassazione previsto per il 3 febbraio

  “Anziché piangere sul latte versato, interroghiamoci sul perché un criminale come Massimiliano Sestito, reo di aver ucciso anche un carabiniere nel 1991, si trovasse con un semplice braccialetto elettronico agli arresti domiciliari”. Così in una nota Domenico Pianese, segretario generale del sindacato di Polizia Coisp, in riferimento all’evasione del killer ‘ndranghetista a Milano. “Episodi di questo tipo – prosegue – generano un forte sentimento di insicurezza nei cittadini e relegano lo Stato in un vero e proprio cono d’ombra, quasi fosse incapace di salvaguardare perfino la memoria di tutti coloro che hanno dato la propria vita per difenderlo. La cosa che più di altre ci amareggia – aggiunge – è che chi sostiene lo Stato di diritto, troppo spesso ha più a cuore i diritti dei carnefici anziché quelli delle vittime: nel nostro Paese, infatti, assistiamo a paradossali dibattiti sulla difesa dei principi costituzionali in difesa di chi commette reati efferati, ma raramente ascoltiamo affermare i diritti costituzionali di chi ha perso la vita”, conclude.

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