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Eutanasia. Pro Vita Famiglia: ‘Giustizia faccia suo dovere, punisca chi promuove morte ai fragili’

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ROMA «Uccidere non è un diritto civile e accompagnare una persona malata a morire, seppur all’estero, non è un atto di civiltà, ma un reato. Se Marco Cappato vuole farsi promotore del suicidio assistito, aiutando i fragili a porre fine alla propria vita anche oltre i limiti posti dalla Corte costituzionale, quindi violando la legge, andrebbe perseguito. Lungi dal voler essere giustizialisti, ma non procedere secondo legge significa legittimare non solo l’eutanasia e l’aiuto al suicidio assistito ma anche il modus operandi di Cappato che sembra essere disposto a violare la legge per far pressione sulle Istituzioni e sull’ordinamento italiano affinché vengano riconosciuti e legalizzate queste pratiche.

 

Chiediamo quindi a Governo, Parlamento e Magistratura di intervenire affinché la giustizia faccia correttamente il suo corso e siano sviluppate, finalmente, tutte le politiche necessarie in supporto alle cure palliative, alle attività degli hospice e per l’assistenza ai malati e ai loro familiari come prevede dalla legge legge n. 38 del 2010».

Così Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia Onlus, commentando l’autodenuncia di Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, a seguito dell’aiuto al suicidio assistito fornito a Massimiliano, un 44enne di San Vincenzo (Livorno), affetto da sclerosi multipla, ricorso a questa pratica in una clinica in Svizzera.

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