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Elezioni, la severa disamina di Pierfrancesco Maran: ‘Pd, deriva centralista’

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MILANO   La composizione delle liste del Pd in Lombardia rivela una “preoccupante deriva centralista del PD che tradisce il senso per cui è stato fondato e che lascia le parlamentarie di Bersani come un episodio invece che la regola”.

A liste chiuse l’assessore di Milano Pierfrancesco Maran, recordman di preferenze alle comunali (quasi 10.000) e grande escluso dalla partita, riversa la sua invettiva sulle “malattie di cui soffre il partito nazionale e romano”. L’obiettivo è che non “azzoppino quella che é la grande opportunità della prossima primavera: vincere per la prima volta in Lombardia”. Dopo le politiche, con l’impegno a “vincere i quattro collegi di Milano che significa quattro parlamentari in meno per la destra”, anche perchè “il nostro Partito a Milano vale il 34%”, Maran ammonisce che inizierà un’altra battaglia per “cambiare radicalmente il Partito Democratico, forse impegnarci anche più direttamente al suo interno. Ci sarà da ricostruire un legame con il Paese ed è evidente che questo non passa dallo spettacolo che vediamo da tempo a Roma, ben raccontato da Zingaretti al momento delle dimissioni e confermato nel metodo questa estate”. Maran, che nella giunta Sala ricopre le deleghe alla Casa, già in predicato di correre proprio alle regionali, si focalizza sui collegi del capoluogo (Silvia Roggiani, la segretaria metropolitana dem, corre nel monzese, Vinicio Peluffo, coordinatore regionale, a Bergamo) e si rivolge ai colleghi consiglieri e di giunta dem a Palazzo Marino, prendendo atto del fallimento dell’appello sottoscritto da tutti gli eletti Pd in Comune circa un mese fa. “Chiedevamo sostanzialmente tre cose- riepiloga Maran- a) che nei collegi venissero scelti i candidati con maggiori possibilità di vittoria e che in generale venissero evitati ‘paracadutati’. b) che dopo tre vittorie alle comunali ci fosse finalmente in Parlamento qualcuno a rappresentare la nostra esperienza politica. c) che non ci fossero pluricandidature femminili con lo scopo di eleggere più uomini (cosiddetto effetto donna-flipper). Purtroppo dobbiamo constatare che nessuno dei tre punti proposti è stato accolto, né tantomeno lo spirito di fondo”.

 Le responsabilità di questa situazione, (Maran salva solo con “una menzione di ringraziamento la candidatura di servizio di Beatrice Uguccioni”) ma di fatto “nessun rappresentante di Palazzo Marino è candidato con minime speranze di eleggibilità”, sono tutte del partito nazionale. “La necessità di assegnare seggi certi o almeno contendibili a dirigenti nazionali è stata nettamente più importante rispetto a quelli di provare a vincere i collegi e proporre agli italiani un partito che si apre e si rinnova. È irragionevole sostenere che i candidati nei collegi siano i più competitivi disponibili e Milano è stata utilizzata come strumento di riequilibrio per esigenze di correnti e di coalizione”. Maran premette che “tutti siamo importanti e nessuno di noi deve sentirsi indispensabile, quindi queste constatazioni non possono essere affatto scuse per non dare il massimo nella sfida elettorale del 25 settembre”, nonostante “le discutibili strategie nazionali che paiono dare il voto dei milanesi come scontato ed acquisito, come se i risultati raggiunti fossero stati meriti del nazionale”. Per il futuro, continua il golden boy del Pd milanese, “servirà che non disperdiamo lo spirito che ha animato il nostro documento e che ci sarà utilissimo anche per il governo della nostra città. Sappiamo che non sarà un autunno semplice per Milano ed i milanesi e credo che dovremo cogliere questa occasione anche per rafforzare dialogo e collaborazione tra Consiglio e Giunta”.

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