Attenzione: questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie.
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Riceviamo e pubblichiamo
“Lasciamo l’odio agli anonimi della tastiera e invece guardiamoci da amici anche se ci incontriamo solo per un attimo.”
Con queste parole si è rivolta la senatrice Liliana Segre ieri sera agli oltre 600 sindaci, in una Galleria Vittorio Emanuele gremita come per le grandi occasioni.
In mezzo alle fasce tricolore spicca l’assenza del sindaco di Magenta, Chiara Calati.
Un’assenza che pesa come un macigno, un silenzio assordante, quello del nostro primo cittadino, se pensiamo all’impegno di alcuni coraggiosi magentini al tempo delle persecuzioni razziali: chi infatti non conosce la vicenda della famiglia Molho, che sfuggì alle deportazioni solo grazie all’eroismo e alla generosità dei nostri concittadini Angelo, Maria e Dina Cerioli, Caterina Vaiani, Antonio Garbini e Battista Magna? Oggi i loro nomi figurano tra i Giusti tra le Nazioni, accanto a quello di monsignor Bertoglio, a cui devono la vita oltre 60 donne e uomini ebrei, da lui nascosti nel Pontificio Seminario Lombardo, in una Roma occupata dai nazisti.
Quando si presta servizio nelle istituzioni, quando si rappresenta un’intera città, l’impegno per la memoria, la difesa di valori come libertà e rispetto della dignità umana, su cui si fonda la nostra democrazia, non sono una scelta personale, ma un dovere collettivo.
Ieri a Milano abbiamo assistito a una grande lezione civica, al di là di ogni steccato politico. Rammarica apprendere che Magenta, ancora una volta, non sia stata degnamente rappresentata.
Eleonora Preti
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