Anno 2023, torneo di Montecarlo, quello caro a Gianni Clerici e narrato a più riprese dallo Scriba. Nei “Gesti bianchi”, per esempio. Siamo certi che, fosse stato ancora in vita, quel pomeriggio avrebbe goduto un sacco nel vedere Lorenzo Musetti, i cui gesti sono bianchissimi, nel battere la sua antitesi formidabile e distruttiva, Novak Djokovic. Il tennista che per i numeri, ma non solo, è il più forte da quando il maggiore Walter Clopton Wingfield, ormai un secolo e mezzo fa, teorizzò il gioco che fece evolvere la pallacorda nella disciplina odierna, il tennis. Djokovic non sarà stato quello invincibile del 2011, questione anagrafica, ma da lì a qualche settimana avrebbe vinto il Roland Garros, tanto per dire che quello battuto dal nostro Musetti non fu certo una versione scaduta del serbo, anzi.
Vincere, per i sempre pochi Musetti del mondo, è come per un alpinista domare l’Everest senza le bombole. Paradigma vivente di come il surplus di talento, in un gioco che la modernità ha reso innanzitutto sparagnino, non è mica detto porti tutti questi vantaggi. A meno che tu non sia Federer, ma qui si parla di esseri umani. E di talento, Lorenzo il Magnifico ne ha a dismisura, al punto da non offendere nessuno dei connazionali, presenti e passati, se lo si va a collocare in condivisione con l’epocale Panatta sul trono virtuale degli azzurri più virtuosi nel manovrare una racchetta. Che ciò si traduca in un successo, appunto, non è affatto automatico. Intanto, perché altri ingredienti sono financo più determinanti allo scopo. La solidità mentale e la sagacia tennistica, per dirne due, aspetti per i quali Musetti non potrebbe ricevere una cattedra universitaria. Poi, è una questione di scelte: gestire così tante opzioni balistiche ad ogni quindici può degenerare nell’anticamera della confusione tattica in uno sport nel quale meno si pensa e meglio si sta.
E se qualche aspetto tecnico è ovviamente perfettibile, quando la luna è di quelle buone, il piede di uscita dal letto quello giusto e la mente sufficientemente sgombra da funesti presagi, ecco che l’italiano possa anche fermare la corsa di uno come Djokovic poco avvezzo ai regali. O di Alcaraz, peraltro come già successo, quello che ha tutti gli ingredienti per replicare il palmares dell’attuale numero uno al mondo. Se oggi rinverdiamo i fasti di quel pomeriggio di gloria azzurra è perché, grazie alla facile vittoria di ieri ai danni dell’istrionico Monfils nel secondo turno del Major parigino, Musetti si è assicurato la possibilità di sfidare proprio Djokovic per un posto agli ottavi. Corsi e ricorsi storici. Al match di domani l’azzurro ci arriva con insperata fiducia, considerato non avesse conseguito fin qui nella stagione chissà quali risultati. Giunto in Bois de Boulogne, però, sembra aver trovato una buona quadratura del cerchio, come se fosse scattato qualcosa. Il modo autoritario con il quale ha disposto di Galan e, appunto, dell’esperto padrone di casa, pare certificarne il buon momento tennistico. Da qui a pensare di mettere sotto il serbo, non serve ricordarlo,ci passa il mondo, considerato il fatto che Novak, proprio al pari di Musetti, pare aver cambiato marcia dopo qualche apparizione sconcertante. Tipico dei fenomeni alzare il livello quando il piatto è ricco e, ancora di più, quando i sedicenti addetti ai lavori danno loro dei bolliti. Tuttavia, i presupposti per un grande match ci sono tutti, con la superficie di gioco che gli è particolarmente amica e condizioni al contorno che sembrano essere di suo gradimento.
Certo, al meglio dei cinque set è quasi un altro sport e, in barba all’età, un match lungo è ancora una freccia nella faretra di Djokovic più che dei suoi rivali. In soldoni, la capacità di gestione delle energie fisiche e mentali a lungo termine, che è insita geneticamente in Nole, non è ancora eguagliabile. Non essendo ovviamente possibile farne brandelli accorciando l’incontro, Musetti, se vorrà prevalere, dovrà chiedere a sé stesso tre ore o forse più di concentrazione maniacale, perché ogni minimo cedimento sarà brutalmente capitalizzato dal serbo. Peraltro, vedere come ha distrutto Carballes Baena, uno che se c’è da sporcare le suola di mattone tritato dimostra una certa competenza, non è il migliore degli auspici ma Lorenzo ha il dovere di provare a restare in scia al serbo il più a lungo possibile e sperare nell’allineamento di tutti i pianeti. Difficile, non impossibile.
Lo detestano in molti per via di un carattere fumantino e di qualche eccesso verbale in campo e, altrettanti, non gli perdonano mai una sconfitta come se gli avversari manco esistessero. Pensando che sia sufficiente sparare qualche rovescio da highlights per vincere contro gente che venderebbe la madre per un punto. Tornando al carattere, il tennis al pari di una rivoluzione e parafrasando all’uopo Mao Zedong, non è un pranzo di gala e a Musetti non si chiedono atteggiamenti pedagogici da chierichetto – per quello rivolgersi in casa Sinner – ma di provare a concretizzare il più possibile la benevolenza che Madre Natura ha avuto nei suoi riguardi. Incrociare la racchetta del più forte di tutti è sempre un privilegio e Lorenzo, ragazzo intelligente, lo sa. Perché è proprio per l’adrenalina di partite come questa che ci si allena tanto duramente anche se sei pregno di talento.
In bocca al lupo, Muso, divertiamoci.