Disegnare nuove mappe di speranza L’educazione come atto di fede e di civiltà: la nuova lettera apostolica di Leone XIV

Un'analisi del nostro esperto vaticanista Daniel Dibisceglie

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Con la Lettera apostolica Disegnare nuove mappe di speranza, Leone XIV richiama la Chiesa e la società intera a riscoprire il significato più autentico dell’educazione: un atto di fiducia nell’uomo e nel futuro, fondato sulla verità e sulla tradizione cristiana. Sessant’anni dopo la Gravissimum educationis del Concilio Vaticano II, questo nuovo documento riafferma che ogni autentico cammino educativo nasce dall’incontro tra generazioni e si radica in una visione dell’uomo che non può essere ridotta a competenza, algoritmo o statistica.

Leone XIV ricorda che educare non significa addestrare, ma formare. L’educazione è l’arte di coltivare l’anima, di custodire la dignità della persona, di orientare il cuore e la mente verso il bene. La tradizione cristiana – da San Giuseppe Calasanzio a San Giovanni Battista de La Salle, da San Marcellino Champagnat a San Giovanni Bosco – offre un patrimonio inesauribile di esempi e di opere che, nei secoli, hanno coniugato fede, cultura e carità. Questa eredità, scrive Leone XIV, non è un monumento da contemplare, ma una sorgente viva da cui ripartire per affrontare le sfide del nostro tempo.

Il Pontefice affronta con lucidità le ombre del presente: la dispersione educativa, le disuguaglianze globali, la crisi delle relazioni, la fragilità della famiglia, l’invadenza del digitale. Eppure, non cede al pessimismo. Invita a guardare al futuro con la consapevolezza che la speranza non è un sentimento vago, ma un progetto da costruire giorno per giorno. «Meno cattedre e più tavole dove sedersi insieme», scrive, richiamando l’immagine di una comunità educante in cui l’insegnante non domina, ma accompagna, e lo studente non assorbe, ma partecipa.

Il documento sottolinea con forza che nessuna tecnologia, per quanto avanzata, potrà mai sostituire il mistero dell’incontro umano. L’educazione autentica nasce dallo sguardo, dal dialogo, dalla capacità di ascoltare e di essere ascoltati. Per questo Leone XIV parla di “digitale umano”, un uso delle tecnologie che serva la persona e non la sostituisca, che favorisca la libertà e non la dipendenza. «Nessun algoritmo – si legge nella Lettera – potrà mai riprodurre ciò che rende umana l’educazione: poesia, ironia, amore, arte, immaginazione.»

Fondamentale è anche il richiamo alla famiglia, definita “il primo luogo educativo”. È nella casa, nel rapporto tra genitori e figli, che si impara a vivere la verità, la libertà e il sacrificio. Scuole, università e istituzioni non possono sostituire questo compito, ma semmai sostenerlo e integrarlo. Da qui nasce la visione di un’“alleanza educativa” che unisca famiglia, comunità cristiana e società civile in un impegno condiviso.

Il testo si chiude con un appello che ha il tono di una consegna spirituale e civile. In un mondo attraversato da guerre, fratture sociali e confusione morale, educare diventa un atto di pace. Formare le nuove generazioni al pensiero critico, alla responsabilità e al servizio del bene comune significa disegnare nuove mappe di speranza, in grado di orientare l’uomo verso la luce, anche nei tempi più oscuri.

Leone XIV invita a ripartire da ciò che non tramonta: la vita interiore, la libertà dello spirito, la ricerca della verità, la dignità della persona. È da qui che può nascere un futuro capace di custodire il passato senza imprigionarsi in esso, di innovare senza rinnegare, di credere senza smarrire la ragione. Perché solo chi ha radici profonde può davvero costruire ponti verso il domani.

Daniel Dibisceglie

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