È quanto ha dichiarato alla Corte d’Assise di Milano il tossicologo Mauro Minoli dell’Istituto di Medicina Legale di Milano che ha svolto gli esami sul cadavere della 29enne.
“Sicuramente nell’ultimo mese” prima dell’omicidio “c’è una risposta molto più alta” e dall’analisi del capello emerge che “l’inizio dell’assunzione è avvenuta almeno due mesi prima del decesso” del 27 maggio. Secondo il tossicologo – ha spiegato ai giudici popolari – né le concentrazioni trovate né il tipo di composto chimico e che causa problemi di “coagulazione” ed “emorragie a livello gastrico” sono potenzialmente letali se non in “grandi quantità nell’uomo”.
Minoli ha citato il caso degli Stati Uniti, in cui nel 2015 ci sono stati 44mila casi di avvelenamento accidentale dal topicida e 8 decessi. Allo stesso tempo, rispondendo alle domande delle pm Alessia Menegazzo e Letizia Mannella e della difesa Impagnatiello, avvocate Giulia Geradini e Samanta Barbaglia, il medico legale ha escluso che il veleno trovato nel corpo della vittima possa essere stato “assorbito per contatto” fisico o o “inalazioni” come sarebbe tecnicamente possibile, proprio per le tracce trovate nel capello oltre che nel fegato della donna, nella placenta e nel feto.
“E’ molto difficile dall’esterno che possa entrare nel capello”, ha spiegato. La testimonianza del tossicologo sarà cruciale per la Corte, guidata dalla giudice Antonella Bertoja, nello stabilire se, nell’omicidio di Tramontano, ci sia stata o meno premeditazione. Il processo ripartirà l’11 aprile con le testimonianze di alcuni amici della vittima e carabinieri della squadra omicidi.
Oggi la difesa della famiglia Tramontano, avvocato Giovanni Cacciapuoti, ha chiesto e ottenuto che la Procura di Milano restituisca i beni della 29enne sequestrati durante le indagini, come alcuni documenti e gioielli. Le legali di Impagnatiello hanno invece depositato agli atti i video della cena del 20 maggio 2023 – 7 giorni prima dell’omicidio – con l’amante e collega di lavoro.