Delitto Rancilio: resta in carcere il figlio

"Allo stato non è dato evincere a carico dell'indagato una patologia psichica sufficientemente specifica tale da comprometterne, globalmente o anche solo parzialmente, le capacità".

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Per l’omicidio della madre di 73 anni Fiorenza Rancilio, il figlio Guido Pozzolini Gobbi Rancilio deve stare in carcere. Lo ha stabilito il gip di Milano Giulio Fanales, convalidando il fermo e disponendo la misura cautelare nei confronti del 35enne. Al momento l’uomo si trova ricoverato al Policlinico di Milano, dove è stato portato mercoledì scorso dopo la scoperta del cadavere nella loro abitazione in centro a Milano, per via dello stato confusionale in cui si trovava a causa dell’assunzione di psicofarmaci. All’interrogatorio di questa mattina si è avvalso della facoltà di non rispondere.

Disponendo il carcere per Guido Rancilio, accusato dell’omicidio volontario della madre Fiorenza colpita con un manubrio da palestra nella sua abitazione in centro a Milano, il gip Giulio Fanales osserva che il 35enne, “in palesi condizioni d’instabilità psicologica ed assuntore di psicofarmaci, almeno saltuariamente in dosi eccessive, appare persona del tutto incapace di governare i propri impulsi, a prescindere dal deleterio esito del loro libero sfogo”. Secondo il giudice milanese, inoltre, sussiste il pericolo di fuga, in quanto l’uomo è residente in Svizzera, dispone “delle finanze utili al proprio mantenimento prolungato in territorio estero” e al momento è “in precarie condizioni sul piano psicologico”.

In un altro passaggio dell’ordinanza di convalida del fermo, il gip sottolinea che “allo stato non è dato evincere a carico dell’indagato una patologia psichica sufficientemente specifica tale da comprometterne, globalmente o anche solo parzialmente, le capacità”. Tuttavia, osserva il giudice, “non può non sottolinearsi come la tutela del bene supremo della vita appartenga all’essere umano nelle sue forme primordiali” ad eccezione però “di colui che sia affetto da forme psicotiche” tanto gravi “da comprometterne persino le più basilari funzioni cognitive”.

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