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Daniele Oppi e il Raccolto: 50 anni di coraggiosa Utopia, e un’Idea che non muore

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In corrispondenza del via a Inverart 2019, artisticamente diretto da Francesco Oppi, omaggiamo i 50 anni di attività culturale della cooperativa Il Guado di Robecchetto e del suo creatore, Daniele Oppi.

ROBECCHETTO –  “Un uomo libero, trasgressivo e generoso, che ha vissuto in nome dell’arte. Una personalità poliedrica: pittore, pubblicitario, poeta, operatore culturale, docente, editore”.

Morto nel 2006 all’età di 74 anni, Daniele Oppi fu effettivamente personaggio poliedrico:  pittore, scrittore, pubblicitario e grande animatore culturale. Da oltre trentasei anni viveva nel Parco del Ticino, alla cascina Il Guado, affacciata sul Naviglio Grande, dove lavorava per dare voce agli artisti e alla cultura.

Da pubblicitario aveva inventato marchi famosissimi, dalla Lambretta (nome e marchio), alla gomma del ponte Brooklyn (invenzione, marchio, immagine, slogan e video), la Chicco (nome, linea, marchio e strategia), l’ Ago Pic Indolor (concetto, marchio, modello) oltre a innumerevoli altri loghi famosi. Visitare la sua casa (dove persino Checco Zalone ha voluto ambientare uno dei suoi film) è una continua scoperta: idee geniali sparse qua e là sugli scaffali, idee pubblicitarie anticipatrici di decenni. Poi, al primo piano, una specie di museo ‘ordinatamente disordinato’: dipinti di ogni foggia, di ogni dimensione, opere, appunti, libri.

Nel cuore dell’enclave più verde e per lunga pezza ad economia prevalentemente agricola dell’area metropolitana milanese (l’Est Ticino), ma anche col più basso livello di istruzione (lo fece emergere una interessante ricerca dell’ex vicesindaco di Abbiategrasso, Sandro Mola), nel 1969 Daniele Oppi compì un atto che a distanza di mezzo secolo appare effettivamente rivoluzionario.

Perché fare una ‘comune’, termine molto in voga durante la contestazione sessantottina, era molto facile a Roma, Milano, Berlino, Madrid o Parigi.

Molto più difficile era pensare a una Comune dentro la cascina di una paesello rurale, dove evidentemente Daniele Oppi- in virtù della sua mente decisamente ‘superoltrista’, persino un po’ nietzcheana se vogliamo- è come se cogliesse con mezzo secolo di anticipo l’esigenza del Radicamento, l’importanza del Luogo, e dell’Origine. In questo, è pienamente ‘sintonico’ con l’altro grande intellettuale dell’est Ticino, Luciano Prada da Corbetta: mentre il progresso sembra voler cancellare tutto nel nome di un universalismo senza radici, Oppi e il Guado rimodulano persino l’utopia.

Ma qual è la grandezza di Oppi? A nostro avviso, quella di cogliere con fulminante anticipo quale sarebbe stato il disagio della modernità nei decenni successivi.

Questa mattina, Ernesto Galli Della Loggia cita sul Corriere un pensatore tra i più fervidi del panorama contemporaneo: Peter Sloterdijk.

“Se si dovesse esprimere in una frase la grande caratteristica dell’attuale situazione psicopolitica mondiale, dovrebbe suonare così: siamo entrati in un’era con una prospettiva del mondo senza punti di raccolta dell’ira”: per Sloterdijk, l’ira è la chiave per comprendere e descrivere psico-politicamente il mondo dopo la fine del comunismo e dell’era bipolare. A partire dall’ira di Achille, Sloterdijk ripercorre le modalità di raccolta delle energie dell’ira nella storia. Con il termine “thymós” i greci intendevano la volontà, il desiderio, la brama, e l’ira. Il thymós è il motore delle azioni dell’eroe omerico. Più tardi, diviene la sede dell’aspirazione al riconoscimento, e il mancato riconoscimento suscita ira.

Oppi scelse la cultura- e l’arte- come elementi aggreganti, e diremmo persino identitari, connotanti.

Un territorio è la sua capacità di esprimere pensiero e culturale, l’espressione di pensiero e cultura denota l’esistenza di un territorio.

Lo colse, Oppi, con luminosa preveggenza. Conscio dei guasti che di lì a poco avrebbe procurato lo ‘zeitgeist’, forse anche per la colpa (senza dolo, per idealisti come lui) che una cultura  ‘progressita’ e ‘progressiva’- incapace di cogliere la dimensione spirituale e sovraterrena che permea l’Uomo- sarebbe irrimediabilmente risultata vacua, e vuota.

Ma se a mezzo secolo di distanza, questa sera a Inveruno, centinaia di ragazzi e di artisti si ritrovano a Inveruno- nel segno e nel nome di Daniele Oppi e del Guado- allora possiamo serenamente dire che l’Idea non muore, men che meno quella di Daniele Oppi e del Guado. Intelligentemente riattualizzate da suo figlio Francesco, cui ora tocca garantire un futuro ‘radioso’ a quella stessa Idea. E noi siamo certi che lo sarà..

Fabrizio Provera

 

“Io sono impastato di Langa; le vigne, le colture, i gerbidi, i rittami, i noccioleti, la terra aspra e faticata, le case aggrumate sulla collina, il cimitero frammezzo alle vigne, colmo di ricordi e talvolta anche di sole; sono la mia vita, e non c’è altra terra al mondo che mi parli contemporaneamente e delle ricordanze e del desiderio di lasciare un segno, anche tenue, accanto a quelli di coloro che mi hanno preceduto; né vi è altra terra che mi conforti, negli aspri momenti che la vita elargisce quotidianamente”.

Riccardo Riccardi, conte di Santa Maria di Mongrando-

Il conte Riccardi riposa da anni nel cimitero di Priocca d’Alba

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