“Come si fa a dar da mangiare a cinquemila persone con cinque pani e due pesci?”
“Ci vuole Gesù”. Con questa risposta semplice, diretta, quasi disarmante, Maristella Bigogno ha aperto giovedì sera l’incontro nella sala consiliare dedicato al grande progetto che sta portando avanti nella missione di Amakpapè, in Togo: la costruzione di un ospedale. Un’opera necessaria, urgente, nata da storie di vita, dolore, fede e provvidenza. La serata è iniziata con un video che ha mostrato ai presenti il cuore pulsante della missione: volti, bambini, scuole, campi, infermeria, momenti di preghiera, piccoli gesti quotidiani che insieme fanno la differenza.
“La provvidenza sta facendo tanto – racconta Maristella – sta facendo uscire allo scoperto persone che vogliono aiutare”. Parla dei suoi ragazzi, alcuni dei quali riusciranno addirittura a frequentare l’università, un traguardo che solo pochi anni fa sembrava impensabile. E parla delle persone che, anche dall’Italia, hanno sentito il desiderio di mettersi in gioco. Tra i racconti più toccanti, quello di Diletta, giovane di Nola, laureata alla Bocconi e impiegata nella banca più importante di Londra. “Era invidiata da molti – spiega Maristella – guadagnava tanto, lavorava 14 ore al giorno, aveva tutto ciò che tanti desiderano”. Eppure, un giorno, Diletta decide di dire basta: “Voglio venire nella vostra missione”.
Si licenzia, parte, resta sei mesi ad Amakpapè. Oggi ha intrapreso un percorso che la porterà a vivere stabilmente in missione. “Chi porta a tutto questo? È sempre Gesù”, commenta Maristella. Non tutte le storie, però, hanno un lieto fine. Maristella racconta di una giovane donna con un bambino in braccio che un giorno la ferma lungo la strada, chiedendo aiuto per il marito, immobile e gravemente malato. Lei li accompagna in ospedale, si prende cura di lui, ma l’uomo non ce la fa. E non è un caso isolato. “La sanità in Togo è tutta a pagamento – spiega – e se non ci sono soldi, si rischia di morire”. L’altra sera, la notizia più dura: un ragazzo della sua scuola è morto di malaria, malattia che oggi, con le cure adeguate, raramente è letale. La madre aveva comprato le medicine al mercato, sperando che bastassero. Non è andata così. E casi simili continuano a verificarsi. Ed è proprio da queste storie che è nato il progetto dell’ospedale: non basta più l’infermeria. Serve una struttura vera, capace di salvare vite.
“Siamo una goccia nell’oceano, ma l’oceano, senza quella goccia, ne sentirebbe la mancanza”, diceva Madre Teresa. È questa la filosofia con cui Maristella porta avanti il suo impegno. Ed è questo lo spirito che ha trasmesso ai presenti, invitando chiunque desideri fare un’esperienza in missione a farsi avanti. Durante la serata, Maristella ha voluto ricordare tre persone recentemente scomparse, che hanno rappresentato un sostegno fondamentale per lei e per la missione: monsignor Fausto Giacobbe, don Luigi Castelnovo e Francesco Bienati, quest’ultimo un amico che ha trascorso diversi mesi in missione, contribuendo con dedizione al lavoro quotidiano. La costruzione di un ospedale in Togo non è solo un progetto edilizio: è un atto di giustizia, di misericordia e di speranza. È il tentativo concreto di portare dignità dove troppo spesso la vita è appesa a un filo. E Maristella, con la forza tranquilla di chi crede davvero nella provvidenza, continua a ricordarci che ogni gesto conta. Anche una goccia.




















