Domenica scorsa abbiamo pubblicato la prima parte dell’intervento che abbiamo chiesto alla dottoressa Elena Oldani (che ringraziamo per la cortesia) per affrontare il tema coronavirus sotto il profilo psicologico. Eccovi la seconda e ultima parte del suo contributo. Buona lettura.
Cosa ne sarà del dopo Coronavirus? Quale sarà l’impatto sociale, economico e psicologico? Come affronteranno il lutto e la sua elaborazione tutti quei familiari, che non hanno potuto accompagnare il loro caro né nella sofferenza né nel saluto finale?
Sicuramente dovremo fare i conti con il senso di vulnerabilità e allarme, che si protrarrà per parecchio tempo. Dovremmo fare un grande lavoro di ricostruzione psichica, fisica, economica e sociale. Una sorta di Rinascimento 3.0.
Nascono nuovi rituali e altri vengono quasi cancellati. Come uno tsunami il Covid19 è arrivato nella nostra vita stravolgendola. Sembra esserci una riscoperta del senso di appartenenza, di un’identità sociale condivisa. Il Tricolore è stato riscoperto, i funerali sospesi e le distanze sociali sono aumentate enormemente. Il passaggio dell’ambulanza, prima quasi ignorato, ora risveglia paure profonde legate alla morte e alla malattia. Il funerale accompagna, congeda ed è un momento determinante nell’elaborazione del lutto. E’ un rito di passaggio fondamentale per l’uomo. Punto di partenza per la ricostruzione successiva, altrimenti viene a mancare l’accettazione e l’elaborazione del senso.
E che dire di coloro che, una volta ricoverate, “spariscono”? Il personale sanitario è occupato a salvare le vite delle persone, i familiari non possono assistere e ci si ritrova in un vuoto, fatto di paure, ansie e sofferenze vissute in solitudine. Morire è già di per sé un evento traumatico, morire da soli è lancinante per i familiari, impotenti e con pesanti sensi di colpa e di abbandono difficili da metabolizzare anche con il tempo.
Purtroppo, ancora molti adottano un atteggiamento di tipo distruttivo, fatto di critiche, attacchi gratuiti, odio, denigrazione e distruzione, in una “guerra tra poveri”, nel vano tentativo di allontanare da sé la malattia e le paure; molti altri, invece, con un atteggiamento propositivo agiscono nel loro presente e in prospettiva futura. Eravamo immersi in una cultura prettamente individualista e, ora, il virus ci costringe a fare i conti con quell’aspetto di gruppo e condivisione necessario all’essere umano. I flashmob diventano un rituale quasi propiziatorio e la riscoperta di una partecipazione sociale nuova.
Gli effetti psicologici di una quarantena (separazione dai cari, limitazione della libertà, incertezza sull’andamento, noia, rabbia) spesso vengono sottovalutati e si dimentica di quanto il benessere psicologico sia alla base e parte integrante della salute delle persone.
Gli effetti si differenziano molto a seconda della categoria di appartenenza e dall’esposizione o meno ad alcuni fattori significativi. Possiamo così avere la manifestazione di:
-Disturbo da Stress Acuto e Disturbo Post-Traumatico da Stress (soprattutto in operatori sanitari)
-burn out degli operatori, sottoposti a forti stress, paure e rischi di crollo costante
-ansia, irritabilità, insonnia, rabbia e difficoltà di concentrazione
-paura, senso di colpa, tristezza
-sintomi depressivi
-fluttuamento del tono dell’umore
-frustrazione
-paure legate alle perdite finanziarie, lavorative e manifestazione di gravi -disagi socio-economici
-abuso di alcool e sostanze
-rischi suicidari
Come è possibile, allora, intervenire per mitigare gli effetti?
Credo sia troppo semplicistico tentare di dare risposte complete in questo contesto, grande sarà il lavoro di economisti e politici, capaci di riconoscere l’importanza di un supporto e un intervento psicoterapico a tutti coloro che, a vario titolo, ne manifesteranno la necessità. Trascurare questo, significa poi dover fare i conti con una crisi sociale, sanitaria e non solo, forse ancora più lacerante di quella attuale.
Dopo l’epidemia non sarà più come prima, anche se ancora non sappiamo come potrà essere. Non necessariamente peggio, ma sicuramente diverso. Il Covid19 ci ha dato la testimonianza della fragilità dell’umanità, che programma, si considera infallibile, ma non fa i conti con l’imprevedibile e l’ignoto.
Occorre investire sulla salute mentale fin da ora, per proseguire poi anche dopo l’emergenza.
L’umanità potrà uscirne con maggiore consapevolezza delle proprie fragilità e più capace di differenziare ciò che è importante e ciò che è superfluo, capace di dare un senso più profondo alla vita. Per fare ciò ha bisogno di essere aiutata.
Secondo gli ultimi dati (27 marzo) rilevati per conto del Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi, lo stress da Covid19 raggiunge livelli molto alti, suddivisi in percentuali diverse a seconda della zona gografica di appartenenza. Secondo David Lazzari, presidente del CNOP, “si rileva un crescente malessere di fronte alla perdurante emergenza sanitaria, per questo vanno messe in campo opportune azioni e strategie. Gli psicologi stanno facendo la loro parte a livello nazionale e sul territorio con una mobilitazione senza precedenti. Ma il volontariato non può sostituirsi al servizio pubblico, è necessario che siano reclutati psicologi negli ospedali, nell’assistenza territoriale. […] Il distanziamento sociale, la paura e l’incertezza sul futuro hanno portato lo stress a livelli mai toccati. Gli italiani hanno bisogno di messaggi chiari sia sulla situazione attuale sia sulle prospettive economiche e occupazionali del post emergenza”.
Ciò che può aiutare ogni singolo individuo a superare in maniera positiva gli eventi traumatici sono: le risorse personali e la capacità di resilienza, le capacità di coping, ovvero le capacità di rispondere positivamente e risolvere il problema, le risorse socioambientali, ovvero la rete sociale e il sostegno messo a disposizione.
Il post trauma è anche un’occasione di crescita e la “psicologia positiva” si occupa degli aspetti positivi del trauma. Dopo un evento traumatico, l’individuo può cambiare positivamente nella percezione di sé, nelle relazioni interpersonali e nella modalità di porsi nei confronti della vita. Si diventa più consapevoli delle proprie potenzialità e delle proprie fragilità. Le relazioni subiscono cambiamenti significativi, alcune si interrompono, altre si approfondiscono, nuove ne nascono. Si diventa meno timorosi nel manifestare le proprie emozioni e sentimenti. Le priorità cambiano, ci si interroga sul senso. Dal vissuto traumatico possono partire diverse traiettorie di sviluppo e la possibilità di modificare ciò che non ci appartiene più.
David Grossman diceva che “quando l’epidemia finirà, non è da escludere che ci sia chi non vorrà tornare alla sua vita precedente. Chi, potendo, lascerà un posto di lavoro che per anni lo ha soffocato e oppresso. Chi deciderà di abbandonare la famiglia, di dire addio al coniuge o al partner. Di mettere al mondo un figlio o di non volere figli. Di fare coming out. Ci sarà chi comincerà a credere in Dio e chi smetterà di credere in lui.”
A cura della dottoressa Elena Oldani, psicologa
(2- fine. L’intervento precedente è stato pubblicato il 29 marzo scorso, domenica, sempre su Ticino Notizie)
Lo studio della d.ssa Elena Oldani è a Santo Stefano Ticino, in via Trieste 35
IL CURRICULUM PROFESSIONALE
La Dott.ssa Oldani si è laureata in Psicologia Clinica e di Comunità presso l’Università degli Studi di Torino l’1 Dicembre 1998. Nel 2002 ha conseguito un Master in Tecniche di Psicoterapia Breve Strategica presso il Mental Research Institute di Milano ed attualmente si sta specializzando in Psicologia Criminalistica e Scienze Forensi. Dal 1999 al 2000 ha effettuato il Tirocinio professionalizzante presso il Day Hospital Oncologico Ospedale di Abbiategrasso. Dal 2001 ad oggi svolge attività libero professionale di Psicologa Psicoterapeuta occupandosi di colloqui anamnestici e diagnostici, valutazioni tesistiche, psicoterapia individuale, colloqui psico-educativi, terapia individuale e di coppia, perizie psicologiche in ambito forense, progettazione e realizzazione di seminari e corsi. Nel 2007 è stata inoltre docente in comunicazione aziendale presso l’Istituto IPSIA L. da Vinci, Magenta (Mi) e nel 2014 è diventata Vice presidente Aps “Istituto Scienze Psicologiche H.P.” Magenta. Ha maturato buone competenze comunicative e buona attitudine ai rapporti interpersonali, ottima capacità di ascolto, adattabilità, elevata flessibilità, predisposizione al lavoro di gruppo, cooperazione, attitudine a lavorare per obiettivi, buone capacità organizzative, capacità di lavorare in situazione di stress, capacità di svolgere attività declinate su più fronti (clinico, educativo e di ricerca), capacità di lavorare con diverse tipologie di utenze (bambini, adulti, anziani, normodotati, disabili).