Como, affacciata all’estremità meridionale del suo lago, il Lario, è meta di passeggiate domenicali in qualsiasi stagione. Dentro le conservate mura, che circondano su tre lati il centro storico, si trovano il Duomo dalla magnifica facciata e sempre pieno di visitatori, il Broletto romanico-gotico, antica sede del Comune, ornato di trifore e dotato di una torre con orologio, la primitiva cattedrale di San Fedele, e i Musei civici che comprendono l’Archeologico, quello storico dedicato a Garibaldi e un’interessante pinacoteca che conserva anche pregevoli ricostruzioni di ambienti di chiese perdute.
I turisti che amano la storia e l’arte e visitano questi luoghi perdendosi nel dedalo delle sue antiche strade e stradette, dove le vetrine dei negozi attirano i loro sguardi e i caffè, soprattutto quelli prossimi al lungolago, invitano coi loro dolci e stuzzichini ad accomodarsi per una pausa, tralasciano però di vedere un gioiello che si trova fuori dalle vecchie mura, sito in un luogo tranquillo molto vicino al cerchio delle colline che racchiudono la città.
Sto parlando della basilica di Sant’Abbondio, uno dei capolavori dell’architettura romanica lombarda, con la sua facciata a salienti e la parte absidale fiancheggiata da ben due campanili.
La chiesa fu edificata sul luogo di una preesistente basilica paleocristiana del V secolo e intitolata agli apostoli Pietro e Paolo, ma nell’818 venne dedicata a sant’Abbondio, un vescovo cattolico di origine bizantina venerato per i suoi miracoli, tra cui quello di aver risuscitato un bambino, e che divenne patrono della città. E di certo a lui si ispirò Manzoni nella scelta del nome del suo pusillanime curato, il cui comportamento è però del tutto contrario a quello che invece raccontano le cronache di quest’antico vescovo della città lariana.
L’interno dell’edificio, contraddistinto da un forte verticalismo, è suddiviso in cinque navate separate da colonne con capitelli di varie fogge, e termina con un presbiterio caratterizzato da una profonda abside, dove spicca un vero tesoro pittorico: un pregevole ciclo di affreschi trecenteschi, tra i più integri di Lombardia, realizzato da un artista anonimo che è stato denominato Maestro di Sant’Abbondio, e che per questa sua opera usò il nuovo linguaggio giottesco.
Il ciclo narra la Vita di Cristo che parte dall’arco di trionfo con l’Annunciazione, per proseguire sulle volte stellate coi Padri della Chiesa d’occidente e dodici santi, che continua con gli Antenati di Gesù e con episodi della sua esistenza: dalla Natività alla deposizione nel sepolcro, che procede con gli Apostoli e con la calotta dell’abside dove appaiono Cristo in trono, la Vergine, il Battista e i santi Pietro e Paolo. L’opera lascia davvero con la bocca aperta per le linee del disegno, del colore, per la pacatezza della narrazione, per la cura dei dettagli naturalistici e degli abiti, elementi che affascinano l’osservatore. E aggiungo, che c’è la possibilità con soli 50 centesimi, di illuminare tutta la chiesa e godere così appieno delle sue bellezze artistiche.
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A cura di Luciana Benotto