La nota del consigliere delegato al Bilancio della Città metropolitana di Milano, Franco D’Alfonso, sulla situazione del bilancio è drammatica e ‘certifica’ nei fatti il fallimento della riforma Del Rio
MILANO – La Città metropolitana di Milano si trova oggi, a fronte della scadenza fissata al 30 giugno, nella impossibilità di approvare il bilancio di previsione per l’anno 2017, poiché permane uno squilibro strutturale sulle partite correnti pari a circa 47 milioni.
Se, come ci è stato promesso dal Governo per il prossimo 6 luglio, non interverrà un rinvio dei termini di presentazione del bilancio, la prima conseguenza sarà lavvio di un percorso amministrativo che potrebbe concludersi con la dichiarazione del dissesto.
La necessità del rinvio è anche per rendere significativa, e non del tutto inutile, la visita della delegazione congiunta di tecnici della Presidenza del Consiglio e del MEF, prevista per il prossimo 17 luglio. La delegazione prenderà in esame la documentazione sulla situazione di bilancio dellEnte, già e per più volte fornita a partire dallo scorso mese di dicembre.
È evidente che tutto questo (proroga dei tempi e analisi dei documenti) dovrà portare a una soluzione definitiva, che permetta cioè di aprire il bilancio preventivo mettendo l’Ente in condizione di operare le proprie funzioni. Una soluzione dunque realmente strutturale, che permetta la programmazione triennale, in linea con le numerose proposte avanzate.
Negli ultimi anni, grazie ad economie, risparmi e tagli e ad avanzi di gestione uniti ad un contributo statale straordinario (non per l’anno 2016, il cui bilancio è stato chiuso in equilibrio senza utilizzare il contributo, tardivo e limitato alla parte investimenti) si è riusciti, per il rotto della cuffia a chiudere i bilanci almeno contabilmente. Ma lo squilibrio è rimasto, riproponendosi ogni anno.
Questa situazione di squilibrio (che, giova ripetere, è strutturale, così come certificato dallo stesso SOSE) nota a tutti (Governo compreso) e da tempo, è la conseguenza di una pratica inaugurata dalle leggi di bilancio a partire dal 2012, fatta di tagli lineari da una parte, e contributi alla riduzione del debito statale nell’ultimo triennio, dall’altra.
La Città metropolitana di Milano, infatti, registra entrate correnti stimate, per il 2017, in circa 406 milioni di euro. Le uscite sono pari a 310 milioni, di cui solo 48 non a destinazione vincolata all’origine : anche questa esigua somma è praticamente a destinazione predefinita per le prime spese delle funzioni fondamentali (solo di utenze siamo ad una cifra di 28 milioni di euro/anno) . Ci sarebbe dunque un avanzo, se non fosse per il fatto che insiste un prelievo forzoso, pari a 165 milioni, da girare allo Stato come contributo al risanamento.
La situazione dell’indebitamento ereditato dall’ex Provincia è pesante (600 milioni di euro, metà in mutui e metà in derivati discretamente deteriorati) ed ha una quota annuale di rimborso + interessi significativa, ma paradossalmente costituirebbe una delle opportunità per il lavoro di rilancio avviato: il debito è infatti abbondantemente garantito dal patrimonio, non ci sono mai stati ritardi finora nel pagamento delle quote e attraverso una rinegoziazione in autonomia sul mercato del credito ( impedita tassativamente dalla normativa vigente) si potrebbero recuperare e ridurre spese per almeno 10-12 milioni di euro all’anno.
Siamo dunque davanti a una sorta di federalismo al contrario che se non si porrà un rimedio efficace definitivamente, porterà alla fine dellesperienza della Città metropolitana, almeno nella forma che abbiamo conosciuto fino ad adesso.